Un assist a Macron

Non è la prima volta che cicli di mobilitazione iniziati con manifestazioni pacifiche, gioiose, anticonvenzionali, finiscono con atti violenti. Che movimenti di protesta raccolgono in poco tempo ampi consensi nell’opinione pubblica ma poi rapidamente si sgonfiano, con la gran parte dei partecipanti che torna al suo tran-tran, anche perché diventa chiaro che gli obiettivi erano vaghi, contraddittori, le ideologie sottostanti confuse, i leader improvvisati. A quel punto, le minoranze che resistono si radicalizzano nelle loro teorie della cospirazione e attraggono gente che ha solo voglia di menare le mani, quando non ha istinti peggiori.

La frustrazione, la rabbia, insieme a qualche altro ingrediente sempre difficile da decifrare, porta quindi a degenerazioni che delegittimano anche le migliori intenzioni dell’avvio. In Francia capita con una particolare frequenza. Forse anche perché la Francia continua ad avere un governo centrale forte, una monarchia repubblicana, e tante periferie che si sentono dimenticate, se non frodate, da chi sta all’Eliseo. Ma cicli di protesta come questo possono avere effetti politici del tutto contrari alle intenzioni dei dimostranti. 

La discesa nelle intenzioni di voto del partito di Emmanuel Macron, iniziata a metà maggio dell’anno scorso, quando aveva dodici punti di vantaggio su quello della Le Pen, era stata abbastanza ripida da farli ritrovare, alla fine di ottobre, appaiati intorno al venti per cento. All’inizio di novembre, quando sono entrati in scena i Gilet gialli, c’era stato il sorpasso, e Macron pareva destinato ad arrivare secondo alle Europee. Allora le proteste sembravano il colpo definitivo alla popolarità del Presidente. Rivedendo oggi la curva dei sondaggi sembra che, alla fine, abbiano invece contribuito a frenare la discesa e a rilanciarlo. Già da gennaio, il «grande dibattito nazionale» nel quale Macron si era immerso per rispondere ai suoi critici lo aveva indotto a scendere dall’Empireo, lo aveva fatto riapparire umano e la forbice tra la République en Marche e il Rassemblement National si era di nuovo chiusa. Dopo le violenze di ieri, con il suo Primo Ministro in piazza a guidare la reazione civile dei parigini, è più probabile che il rischio di arrivare secondo svanisca.