Tutti giù per terra... C'è Rousseau

La crisi politica e il voto dei Cinque Stelle raccontati da un bambino che nascerà tra 30 anni

“Giro girotondo, casca il mondo, casca la terra, tutti giù per terra! Giro girotondo. Il mare è fondo, tonda è la terra, tutti giù per terra”.

Caro nonno. Non sono ancora nato, eppure questa canzoncina che mi canterai quando mi porterai in carrozzina lungo le strade della città tra venti o trenta anni, quando nascerò, mi è già entrata nella testa. Proprio come quando tu eri piccolo e tuo padre o tuo nonno ti portavano a spasso. Come fa ora lo zio Jerry, pardon nonno Jerry Scotti. Non quello del riso, ma quello delle risate in tv. La televisione generalista che andava nel secolo scorso quando c’erano ancora le ideologie, i partiti del Patto Atlantico e quelli che guardavano all’Urss. Insomma un’era geologica fa. Ma pur sempre segnata da personalità che avevano un’identità, una storia e, soprattutto, una visione. Sui libri di storia ho visto le loro foto in bianco e nero: Alcide De Gasperi (con il suo completo scuro a passeggio sulla spiaggia con la figlia in costume, perché la forma è anche sostanza), Sandro Pertini (il socialista che era finito in carcere ai tempi del Ventennio e che poi è salito al Colle più alto: che partite a scopone con il Vecio e i ragazzi del Mundial). E poi Carlo Azeglio Ciampi (toscano di scoglio, quelli ruvidi dell’Ardenza, ma anche il fine Normalista, prestato alla Banca d’Italia e chiamato a tirar fuori l’Italia dal pantano di Tangentopoli). Gente tosta, preparata, abituata a studiare i dossier prima di parlare (poco e, comunque, a proposito), senza incespicare nei congiuntivi e trovare le soluzioni anche quando erano complicate. Proprio come quel Mario Draghi che, un altro inquilino del Colle più alto di Roma, anche lui avvezzo a parlar poco (non a caso - quello strano personaggio con il barbone lungo, gli orecchini e i tatuaggi sulle dita di nome Roberto D’Agostino, che con il suo Dagospia ha rivoluzionato il modo di raccontare l’Italia con i taglia e cuci dei giornali e quei titoli hard - lo aveva ribattezzato la Mummia sicula), lo aveva richiamato per gestire quei 209 miliardi di Next generation Eu.

Una montagna di soldi. Molti di più di quelli del piano Marshall del Dopoguerra. Soldi che l’Europa pensando, appunto, alle generazioni future (quindi proprio a me) aveva deciso di mettere in circolo per uscire dalla crisi innescata dalla pandemia di quello strano virus ‘scappato’ “non si sa da dove”, ammise l’Oms. Un’opportunità di crescita, di trasformazione (ecologista e digitale), di superamento della burocrazia e di sviluppo che, quel discolo di quel Pinocchio toscano con un gesto di grande generosità (di lì a poco, infatti, il già irrisorio due per cento della sua Italia Viva, evaporò come l’acqua al sole d’Arabia) lo consegnò ai libri di storia come statista assai più fine di quel ‘baffino’ che non mancava, dall’alto della sua spocchia, di bollarlo, ogni volta che lo asfaltava (da quel 2009 in cui azzerò Michele Ventura nelle primarie di Firenze o che rese evanescenti le strategie del leader “della corrente thailandese del Pd”) come “il più impopolare tra gli italiani”.

Ecco nonno, in tutto questo, non ho mai capito perché quel buffo signore genovese che un tempo sì, faceva ridere, ma che poi diventò la macchietta di se stesso e della sua creatura politica, mise in stallo l’Italia per sottoporre la nascita di un governo al parere di una piattaforma privata e multata dall’autorità garante per la sua opacità. In quel tardo inverno italiano del 2021 finiste tutti giù per terra. Oggi l’Italia è solo un ricordo lontano. Una colonia della Cina nel sud d'Europa. A nord di Tunisi e nulla più. Tutta la sua storia è rimasta nei libri di testo scolastici. Quell’anno finì definitivamente in mano ai detentori del suo debito. In un secondo bruciaste per sempre il nostro avvenire. Con un clic.

No, non ci voglio credere. Vorrei tanto che tornaste indietro e non buttaste via quella grande opportunità di avere alla guida dell’Italia un signore rigoroso (la cancelliera tedesca, Angela Merkel, dopo averci fatto a testate si piegò: “Mi hai convinto Mario”) e di dare un futuro a me a tutti i nipoti e pronipoti dei tuoi coetanei, ma anche ai figli di quelli che chiamavate Millenians e della Generazion Z. Dai nonno canta ancora e dimostrami che l’Italia c’è ancora e che il mio è stato solo un brutto incubo. “Giro, girotondo…. Tutti giù per terra”, ma solo per gioco. Che la vita è solo una e non si può buttare con Rousseau. Benché Jean-Jacques - a differenza di quei populisti dei vaffa day che ne usurparono il nome - fosse, lui sì, un grande illuminato.

Grazie nonno, hai visto. Poi alla fine ascoltarono il tuo canto. Il popolo dei 5S  votò e, con una maggioranza del 59,3%,  scelse per il Sì all'ex banchiere della Bce. Anche l'Elevato, un tempo comico, venne incensato dal fù già capo politico e oggi 'aspirante' ministro-ter (lui sì) Di Maio, "per il grande contributo offerto in questa fase". Mentre il reggente attuale, Orsacchiotto Crimi (copyright Roncone),  puntualizzava "il voto degli iscritti è vincolante ed è in un patto sottoscritto da tutti quelli che si sono candidati. Ora siamo pronti a metterci al lavoro a disposizione del presidente incaricato". Così con un renversé, da lasciare di stucco persino Roberto Bolle, dopo aver governato prima con Salvini, poi con Zingaretti, i pentastellati in uno slancio a transizione ecologica  ritornarono a Palazzo Chigi anche con Berlusconi (quello che faceva venire l'orticaria allo spin doctor dell'avvocato del Popolo, ma tant'è) e con l'esponente degli odiati (tanto tempo fa) banchieri. Un sacrificio nel nome dell'Italia. "Un grande senso di responsabilità", si affrettava a sottolineare il presidente della Camera Fico. Anche se quello strano tipo che amava girare il mondo, con moglie e figlio al seguito, raccontando di scrivere reportage (pur non amando profondamente i giornalisti), abbandonò la nave del Movimento. La storia mica si può fermare per ripicca. Con il tempo, nonno, troverà la sua strada. E persino un lavoro.  

Ecco nonno, tu continua a cantare... che gli anni che verranno saranno ancora più importanti per il mio futuro e di tutti i miei coetanei. L'Italia si può salvare, ma deve archiviare l'improvvisazione e imboccare la strada della competenza e della preparazione. Quella che insegnavano al liceo Massimo nel secolo scorso. Studio e rigore, proprio come piaceva a quella Cancelliera tedesca che di fronte a quel «whatever it takes», pronunciato senza esitazione e con grande determinazione, sillabò "Mario, mi ha convinto". Una sfida non da poco per l'Italia. In gioco c'è il nostro futuro. Dai nonno, cantiamo insieme, "giro girotondo, casca il mondo, casca la terra, tutti giù per terra"! Ma non noi. L'Italia c'è. Grazie nonno!