Ma cacciarli non si può

Era nell'ordine delle cose anche se qualcuno aveva creduto il contrario. Ossia che esistessero i duri e puri, quelli che non scendono a compromessi e restituiscono quanto pattuito. Le cronache di questi giorni dimostrano invece che i pentastellati sono uomini e donne come gli altri. Soffrono a cedere risorse incassate e, talvolta, ingannano sulla restituzione, magari con bonifici fatti e poi bloccati, tanto per avere la ricevuta. E forse è solo la punta dell’iceberg. Allora che fare? Di Maio tuona: saremo inflessibili. Non poteva dire niente di meno. I fraudolenti saranno dimissionati, aggiunge. Ma è una mezza bugia. Intanto, perché vorrebbe dire contraddire la volontà degli elettori che hanno eletto dei parlamentari truffaldini o promosso neoeletti di dubbia fama. Poi perché né Di Maio né Casaleggio né Grillo né chicchessia possono imporre le dimissioni dei parlamentari neoeletti.  Non solo. Una volta superata la verifica dei poteri, il neoeletto decide l’adesione al gruppo parlamentare. Non è gradito? Vorrà dire che aderirà ad altro gruppo o al gruppo Misto. Ma è poi plausibile pensare che un gruppo rifiuti l’entrata nelle proprie fila di deputati e senatori che, se rigettati, andrebbero ad ingrossare altri gruppi? Quelle di Di Maio sono rassicurazioni elettorali. Detto ciò, si comprende la debolezza umana che accomuna donne e uomini di ogni parte. Ovunque ci sono gli onesti e quelli che non lo sono, in Parlamento come nella società civile. Ma è insopportabile l’ipocrisia. È intollerabile l’ergersi a censori intransigenti dei peccati altrui quando si dividono con tutti gli altri le stesse miserie umane. Torniamo con i piedi per terra. Non si governa il Paese col dito accusatorio puntato, ma con realismo e concretezza. Con un programma plausibile, insomma, che i pentastellati non sanno ancora proporre.

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