Mercoledì 24 Aprile 2024

Autogol politico

Lega e 5 Stelle sono in piena campagna elettorale europea, con riti e necessità correlate. Fra queste, in primis, attivare alleanze nella prospettiva di un Parlamento non più dominato da popolari e socialisti. Salvini coltiva da tempo i rapporti con il gruppo di Visegrad. Oggi sarà in Polonia per incontrare un campione di questo gruppo, Jaroslaw Kaczynski. Salvini è un populista, ma nel suo disegno segue un percorso istituzionale, alleandosi con leader di governi in carica, come lui. Di Maio si è trovato spiazzato ed è corso ai ripari con la sortita del «non mollate» rivolta ai Gilet gialli. Mossa maldestra per la natura anti istituzionale della convergenza formulata dal maggiore azionista del governo di un importante Paese dell’Ue. Risponde alle pulsioni del sentimento e alla necessità di imbastire una politica di convergenza con qualcuno che si sente affine, da movimentista a movimentista, ma collide con le ragioni dell’opportunità politica e della convenienza nazionale. Il ruolo istituzionale di Di Maio è inconciliabile con le sue irrefrenabili pulsioni di democrazia piazzaiola e violenta. Ai tempi di Togliatti e del vecchio Pci si inseguiva il mito del partito di lotta e di governo. Durò poco, fino al maggio 1947, e si basava sul presupposto del dominio del partito sulla piazza. Il Pci inseguiva l’egemonia, non il caos. La formula Di Maio sembra inseguire il caos della protesta fine a se stessa, per di più da uno scranno ministeriale. Poi le aperture pentastellate verso i Gilet gialli, rigettate da Jacline Mouraud. Di Maio dimentica che gli attacchi al governo alla Francia ne hanno offeso l’orgoglio nazionale. Di Maio ripete la gaffe di Grillo che a Bruxelles bussò alla porta dei liberali per farsi sbattere la porta in faccia. Infine, c’è l’interesse nazionale. Abbiamo ottenuto una concessione sul filo di lana su deficit e debito. Ma siamo sub judice e invece solidarizziamo con i violenti. Questo è autolesionismo.

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