Martedì 23 Aprile 2024

Le amnesie di Luigino

Tutti i partiti conoscono alterne fortune elettorali ma sembra non esistano precedenti paragonabili a quel che è capitato ai grillini. Un anno fa, in Sardegna, gli italiani li catapultarono oltre il 42 per cento; domenica scorsa li hanno abbattuti sotto il 10. In Abruzzo, una settimana prima, la caduta era stata appena un po’ meno rovinosa: anziché tre quarti dei voti ne avevano persi “solo” la metà. Ora, il minimo che ci si aspetta da chi subisce simili tracolli è di ammettere la sconfitta e fornire una spiegazione delle ragioni e delle cause, eventualmente degli errori, accompagnata almeno da un’offerta di dimissioni.

Evidentemente Di Maio non appartiene a questa categoria di politici visto che la sua prima reazione e la sua prima preoccupazione è stata quella di rassicurare se stesso e i suoi superstiti seguaci. "Non è successo nulla, il governo continua come prima", è stato infatti il senso dei suoi commenti. Poi ha ripetuto le solite scuse puerili tipo "noi 5 Stelle alle amministrative siamo sempre in difficoltà" (dunque la conquista di Roma, Torino, Livorno appena tre anni fa cos’è stata? Un evento più eccezionale dei miracoli che San Gennaro cui Luigino è tanto devoto replica ogni anno?).

Non contento ha annunciato che d’ora in poi anche il movimento farà alleanze con le liste civiche come fanno gli altri partiti e dulcis in fundo distribuirà le competenze tematiche ai suoi colleghi (cosa che i partiti seri fanno da sempre). Parole destinate a esasperare gli ex-elettori che si sono astenuti o hanno votato altri partiti e a insospettire quelli che sono rimasti. Evidentemente Di Maio o finge o davvero non si rende conto che il principale responsabile del crollo di consensi ai 5 Stelle è lui stesso. È lui che ha scelto Salvini come alleato e che giorno dopo giorno gli è più subalterno; è lui che un giorno vuol mettere in stato d’accusa Mattarella e il giorno dopo gli si inchina; che ebbro e paonazzo dal balcone del governo urla "abbiamo abolito la povertà"; ed è sempre lui che dice no a tutte le opere di cui l’Italia ha bisogno ed è sempre lui che corre a Parigi per allearsi con l’ala malavitosa dei gilet gialli.