Letta e Conte uniti dal destino. Devono allearsi

Due cinquantenni quasi coetanei (54 anni Enrico Letta, 56 Giuseppe Conte), entrambi ex presidenti del Consiglio, entrambi estromessi dal governo quando non se lo aspettavano, entrambi chiamati alla guida dei loro partiti in un momento di crisi e di confusione, hanno il compito di costruire una difficile alleanza vincente per elezioni politiche che potrebbero tenersi già tra un anno. Pur avendo un obiettivo comune, Letta ha ribaltato la strategia di Zingaretti. A torto o a ragione, l’ex segretario era visto come succube del M5s. È stato Renzi a dover chiedere un rimpasto robusto del Conte II e a mettere in discussione un Recovery Plan gestito in maniera quasi autarchica da palazzo Chigi.

Ed è stato Renzi a spianare la strada a Mario Draghi, quello che Letta ha definito a ‘Porta a porta’ l’asso vincente da non sprecare.

Il nuovo segretario riconosce di essere un uomo diverso dal debole mediatore di un tempo. Sostiene che sette anni di contatto a Parigi con giovani di diversi paesi lo abbia cambiato nel profondo. La vignetta con Schwarzenegger era qualcosa più di un pesce d’aprile. Anche se il presidente dei senatori deposto a forza, Andrea Marcucci, ha annunciato una guerra di logoramento degli ex renziani. Vedremo se Letta riuscirà a tornare al sistema maggioritario.

Il Mattarellum di buona memoria piace in modo trasversale, mentre un sistema a doppio turno come quello dei sindaci non sarebbe accettato dal centrodestra che perderebbe nei ballottaggi. Quale sarà il Movimento di Conte con cui Letta dovrà confrontarsi? Il professore è tutt’altro che un estremista e l’ha dimostrato sposando a malincuore le chiusure troppo rigide dell’anno scorso. Riuscirà a tenere insieme un partito in cui un Di Maio e un Morra sono separati da un abisso ideologico e politico? Riuscirà a far ingoiare a Grillo il terzo mandato, in assenza del quale un centinaio di parlamentari rischia di andarsene? Al di là del comune di Roma, le alleanze Pd-M5s non sono difficili. Ma se per colpa della Raggi un Pd senza Calenda non andasse al ballottaggio vedremmo il fungo atomico.

Con molta abilità, Letta si è insinuato nella sorda guerra sotterranea tra Salvini e Meloni. I rapporti tra i due non sono buoni e questo è un errore fatale. Se Salvini dovesse cedere a Fratelli d’Italia (che si è assicurato l’appoggio del Pd) la presidenza del Comitato di controllo sui Servizi che spetta all’opposizione, non sarebbe utile aprire una guerra. L’elettore ama la ferrea unità delle coalizioni. Altrimenti si arrabbia.