La vera svolta? Meno annunci e più vaccini

Ma quante volte avremo accelerato, cambiato passo, impresso una svolta? Quante volte abbiamo invertito l’ordine dei fattori senza che il prodotto sia cambiato granché? Parliamo di vaccinazioni, e come accade da mesi, siamo obbligati a farlo al futuro, più che al presente o al passato. Faremo, andremo, fisseremo. C’è qualcosa che non quadra nella messa in sicurezza dal virus, che significa meno morti e più economia, vita, futuro. Ci sono parecchi conti che continuano a non tornare: il fatto che un terzo degli over 80 aspetti ancora la prima dose, innanzitutto, e che la percentuale degli ultra settantenni vaccinata sia minima

Non torna anche che per i cittadini dai 60 anni in su abbiano aperto le prenotazioni solo Lazio e Campania che non risultavano essere dei modelli di sanità virtuosa. Mentre è di poche settimane fa l’annuncio del fiume di fiale che doveva inondare l’Italia ad aprile, e già lo tsunami vaccinale viene fatto scivolare a giugno.

Allora, siccome in plancia di comando c’è una persona di indubbio valore come il generale Figliuolo, con l’esperienza di una vita "al fronte", e con il retroterra di uno dei pochi organi funzionanti dello Stato, l’Esercito, possiamo anche permetterci di parlare senza artifici diplomatici. Per dire, ad esempio, che non può essere solo una questione di approvvigionamenti, visto che altri Paesi europei viaggiano a 500-600mila vaccinazioni al giorno e noi siamo alla metà: significa che ci mettiamo del nostro (eccome) nella lentezza. Con un dubbio, Generale: che ci sia stato troppo ottimismo nelle previsioni, e dunque nella relativa comunicazione. Per cui forse è meglio attenersi alla regola aurea di Draghi: niente annunci, ma report a cose fatte.

Certo, l’attuale cabina di regia eredita la confusione iniziale, con il mix tra categorie protette (troppo e troppe) e popolazione fragile. Con il risultato che siano addirittura in ritardo nelle Rsa, e con tanti giovani da scrivania immuni, mentre anziani e vecchi sono ancora a rischio. Da oggi, però, si (ri)cambia: tutti imbarcati sull’unico vagone dell’anagrafe. Bene. Anche se, onestamente, non è neppure giusto dire a un insegnante già in lista: contrordine, tu salti il turno. Pazienza, si adatterà. C’è di mezzo la salvezza del Paese. Per questo, testa bassa, gambe in spalla e bocca chiusa. Pronti a sventolare il tricolore, Generale. Ma quando saremo (anzi siamo) sul serio arrivati alla vetta.