Mercoledì 24 Aprile 2024

La tela strappata

I vicepremier Salvini e Di Maio (Ansa)

I vicepremier Salvini e Di Maio (Ansa)

La tela della maggioranza si è strappata. Lo sbrego potrà essere e sarà ricucito, ma il segno rimarrà. E il segno porta la firma di Matteo Salvini: è allo stato inimmaginabile che la Lega voti compattamente l’emendamento della discordia senza che il suo leader non lo sappia e non si affretti a fermare l’operazione. E, dunque, se non lo ha fatto, è perché ha voluto scientemente mandare un avviso agli alleati sui rischi che si corrono nel tirare troppo la corda sia su un terreno sensibile come quello della giustizia, sia, più in generale, sull’insieme dei capitoli contrastati che in queste settimane stanno rovinando i rapporti tra i due partiti di maggioranza. 

E’ verosimile supporre che il capo del Carroccio dica il vero quando sostiene che rispetto al caso specifico (lo sconto sul reato di peculato) si tornerà alla versione originaria e concordata. Ma il nodo non è questo. Come l’obiettivo del voto segreto anti-governo non era l’alleggerimento delle sanzioni del peculato. 

Di fronte ai niet ripetuti e insistiti dei vertici come della base del Movimento, Salvini ha sparigliato con un atto di guerriglia parlamentare tipico della Prima e della Seconda Repubblica: un atto che indica anche l’assunzione dell’alea, da qui in avanti, che il governo possa cadere se i grillini non scenderanno a più miti consigli.  Quello che stona e segnala una forma di irresponsabilità, in una mossa politica comunque propria della democrazia parlamentare, è, però, il momento scelto per metterla in atto.

Non può sfuggire che tutto è accaduto alla vigilia di una giornata nella quale l’Unione europea sancirà per la prima volta la bocciatura di fatto della legge di Bilancio del nostro Paese. Un passaggio strettissimo preceduto da giornate di spread sopra i 300 punti e segnato da settimane di rallentamento della nostra economia. Tutti fattori che, messi insieme, determinano una miscela esplosiva che abbiamo vissuto nelle fasi più laceranti della nostra storia recente: si pensi solo al 2011. Ma con la non secondaria differenza che neanche in quell’anno la nostra manovra di finanza pubblica fu messa all’indice dai partner europei.