La politica Ue sull’energia crea povertà

La deriva che Bruxelles ignora

Mai dal secondo dopoguerra si era assistito ad una simile impennata dei prezzi energetici. Dal prossimo primo ottobre quelli del gas dovrebbero crescere del 30% mentre quelli dell’elettricità del 40% portando l’aumento complessivo dal 1° luglio scorso al 45% circa per il metano e al 60% per l’elettricità, ridotto al 50% da un provvidenziale intervento del governo che ne ha modificato i criteri di calcolo impegnando 1,2 miliardi di euro. Alla base di questi aumenti vi sono due ragioni. Primo: l’esplosione dei prezzi spot del gas metano, che quotavano nei giorni scorsi 3,5 volte quelli di inizio 2021 e 10 volte quelli di inizio 2020. 

I prezzi sono trainati, in un mercato internazionale ormai globalizzato, dalla crescita della famelica domanda asiatica, da difficoltà di approvvigionamento dalla Russia, dalla necessità di ricostituire i bassi stoccaggi. Secondo: il quasi raddoppio da inizio anno sul mercato europeo dei prezzi dei permessi di emissione del carbonio saliti a 60 euro a tonnellata. Al di là di queste specifiche e si spera temporanee ragioni, ve ne è una di carattere generale: la cosiddetta transizione energetica al dopo-fossili. Transizione che sta presentando sempre più il suo conto. Più si perseguiranno gli obiettivi di contenimento del riscaldamento globale, ed è imprescindibile farlo, più se ne dovranno pagare i costi. La campana dei gilet gialli francesi suonò anche per noi, ma non la si volle ascoltare.

Morale: l’energia pesa sempre di più sui bilanci delle famiglie e sui conti delle imprese. Ne è controprova l’estendersi dell’odioso fenomeno della povertà energetica di milioni di famiglie, costrette a scegliere tra riscaldamento e luce. Ipotizzare, come fa la Commissione, che i prezzi debbano aumentare ancora sensibilmente, per incentivare la transizione, dà conto di quanto poco a Bruxelles ci si renda conto delle conseguenze sociale delle sue dissennate proposte. Rimedi ve ne sarebbero iniziando a modificare le attuali politiche, ma sarebbe prima necessario scalzare il rifiuto generalizzato (e interessato) di quel che si propone. Dicendo semplicemente le cose come stanno e respingendo l’imperante isteria ecologista. Meglio, ad esempio, ridurre i sussidi a vantaggio di pochi spendendo in innovazione tecnologica, compreso il nucleare di nuova generazione. Il nucleare è solo una parte della soluzione alla lotta ai cambiamenti climatici, ma senza nucleare essa non avrà soluzione.