Sabato 20 Aprile 2024

La molla del coraggio

Qualcuno ha detto che si pecca d’orgoglio a voler essere santi. Certamente, chiunque sia stato, non era un santo. E come immaginare la vanità di voler essere eroi? Sono convinto che si compia un atto di coraggio quasi a propria insaputa. Si reagisce seguendo la coscienza, i principi che ci hanno inculcato, quasi d’istinto. E, dopo, quando ci rendiamo conto del rischio corso, e di quel che abbiamo compiuto, si prova paura. Ecco, a questo punto, quando, a rifletterci, pensiamo che non avremmo comunque potuto agire altrimenti, solo dopo, gli altri potranno ammirare il nostro coraggio. Gli altri, mai noi.    L’incoscienza è cosa ben diversa. Si abusa del termine ‘eroe’. Troppo facile essere eroi oggi. È eroe il comandante di un porto che ordina per telefono a Schettino di tornare a bordo della sua ‘Concordia’? Avrà fatto il suo dovere, sia pure in ritardo. E cosa rischiava? Spesso si confonde il termine: le vittime di un attentato, quelle del Bataclan a Parigi, o al mercatino di Natale a Berlino, sono da compiangere, e con loro i parenti e i sopravvissuti. Ma non sono eroi.    Eroe è chi compie un atto che potrebbe evitare. Come il carabiniere Salvo D’Acquisto che si fa fucilare dai nazisti al posto degli ostaggi innocenti. Nessuno l’obbligava. Non era suo dovere. E penso che il giovane Salvo abbia maledetto la sorte che l’aveva condotto in quel punto e in quel momento. Gli eroi veri esistono nei romanzi, nei film.   Nella vita reale, nessuno vorrebbe essere un eroe e perdere la vita, per la patria, per salvare un bambino che sta per annegare, o un’anziana signora dalla sua casa in fiamme. Ma lo fa, perché dopo non potrebbe più vivere in pace con se stesso.