La mala eredità che ora Draghi dovrà gestire

Mario Draghi prende in mano oggi a Palazzo Madama, con il discorso d’insediamento, un Paese in ginocchio, piegato, incerto, spaurito. Prostrato da un anno di emergenze sanitarie, sociali, economiche, come le ha definite il Presidente della Repubblica. Come è accaduto nel resto del mondo. Ma il Presidente "venuto da lontano" e chiamato come il medico specialista al capezzale del paziente Italia, dovrà fare i conti con quella che potremmo definire la "mala eredità" degli ultimi sei-otto mesi del governo giallo-rosso che, non per responsabilità del solo Giuseppe Conte ma dell’intera ex maggioranza, consegna un lascito di urgenze incancrenite e di nodi avviluppati come mai.

Un’eredità senza beneficio di inventario quella che l’ex governatore della Bce può e deve accettare: ed è anche giusto che sia così. Ma vale comunque la pena fissare un punto sulla mappa per stabilire da dove prende l’abbrivo il nuovo esecutivo di responsabilità nazionale. Ebbene, come dimostra l’atto simbolico dell’abbandono delle primule di Domenico Arcuri al loro destino, la campagna vaccinale è tutta da resettare: tra lo scarsissimo coordinamento dello Stato e le mosse unilaterali delle singole regioni, il risultato a oggi è la babele delle prenotazioni, delle liste dei vaccinandi, delle priorità e delle modalità di somministrazione.

Serve, dunque, un immediato cambio di passo e di mano. Scomparsa dai radar la miracolosa (sic) app Immuni, le varianti impongono, a loro volta, una revisione delle strategie di contenimento e contrasto dell’epidemia, come anche di "convivenza" con il virus: si spera, però, che il caso sci possa essere stato l’ultimo atto di un fallimentare metodo di gestione in extremis di aperture, chiusure, lockdown, colori, limitazioni. E che si possa raggiungere un discreto livello di programmazione anticipata per la gestione di settori vitali come la scuola, i trasporti, le attività economiche. Ma ci si deve augurare anche che finisca la giostra degli scienzati-consulenti che anticipano decisioni, si correggono, si contraddicono. Per favore, dateci una sola voce istituzionale e che sia una. Nondimeno, è indispensabile un deciso salto di qualità e una accelerazione decisionale significativa sul fronte economico e sociale: dalla riscrittura del Recovery Plan ai provvedimenti per indennizzi, ristori e fisco, dall’exit strategy dal blocco dei licenziamenti e dalla cassa integrazione fino alla chiusura dei dossier Alitalia, Ilva, Autostrade, 5g. Insomma, l’eredità è quella che è, ma non concede né tempi supplementari né alibi. A Draghi, come a tutte le forze politiche.