Giovedì 25 Aprile 2024

M5s e il caso Ilva. I duri e puri che remano contro Conte

Intervistai per la prima volta Barbara Lezzi nel 2013, quando i Cinque Stelle – conquistato il Palazzo – ci si asserragliarono dentro indossando la mascherina protettiva per non contaminarsi. Per intervistarla (prima per un libro e finalmente per la tv) , dovetti indossare – a sua garanzia – una tuta da Cernobyl. Fu il debutto dei grillini nel mondo profano: parlando con lei, capii ideali, romanticismo e settarismo integrale del Movimento, incompatibile con qualunque altra forma della democrazia rappresentativa tradizionale. La incontrai raggiante nei giardini del Quirinale il primo giugno 2018, fresca di giuramento come ministro per il Sud nel governo gialloverde. E da allora cominciarono i guai. Perché il M5S è come quegli indigeni che quando vengono a contatto con gli occidentali, non avendone gli anticorpi, ne prendono le malattie con conseguenze gravi. Così la mescolanza governativa prima con la Lega e ora con il Pd ha prodotto un forte indebolimento del Movimento, mettendolo in serissima crisi.

 La Lezzi, molto seccata per aver perso il ministero, guida la pattuglia di puri-e-duri che mettono in croce Luigi Di Maio e anche Giuseppe Conte. È stata la Lezzi a ottenere che la maggioranza giallorossa cancellasse il salvacondotto giudiziario ad Arcelor Mittal. Gli indiani non aspettavano altro e giocano sporco. Ma giovedì sera a ‘Porta a porta’ Conte è rimasto impassibilmente basito quando – dopo aver detto di esser pronto a restituire l’immunità al signor Mittal – ha sentito Di Maio sostenere esattamente l’opposto. Il presidente del Consiglio sta facendo ogni sforzo per salvare l’Ilva, ma ieri sera a Taranto si è trovato come il procuratore di Giudea al tempo di Cristo: sicuro che la folla tenesse per Gesù, la trovò schierata per Barabba. Ambientalisti e grillini lo hanno assediato chiedendo la chiusura dello stabilimento, mandando sul lastrico diecimila famiglie tarantine, il Pil e l’industria manifatturiera nazionale. Conte non è Pilato e va avanti per la sua strada, ma non si sa bene come possa procedere un governo con queste turbolenze.

Le personalità ragionevoli del Movimento fanno fatica a tenere a bada i puristi. Questi si fanno forti del calo di consensi, ma l’alternativa alla ragionevolezza è un ritorno all’opposizione, il loro vero habitat naturale dove l’ideologia non deve confrontarsi con la realpolitik. Così si capisce perché il Pd non possa concedere un millimetro di terreno in più di quello che ha già dato, pena il suicidio assistito. Noi crederemo alla caduta del governo solo quando il premier lo avrà detto al Quirinale. E non sembra circostanza vicina. A meno che la maionese impazzisca.