Illegalità tollerata

Strano Paese l’Italia. L’illegalità talvolta è sotto gli occhi di tutti ma lo Stato, o le istituzioni, se ne accorgono quando ci sono circostanze «collaterali». Dopo la strage dei 16 braccianti di colore morti giorni fa mentre tornavano dai campi sui furgoni-taxi ci siamo accorti che esiste il fenomeno del caporalato, dei lavoratori abusivi nei campi, dei ghetti di migliaia di persone che vivono come bestie a 35 gradi nelle baracche senza acqua né servizi igienici. Adesso il caso è esploso e la politica ferragostana si indigna. Dove era lo Stato prima dei massacri stradali? Dove erano prefetti, sindaci, magistrati, vertici di polizia e carabinieri? Tutti presenti, ma nessuno si è mosso come impongono le circostanze. Per carità, interventi a spot ne abbiamo visti più d’uno, eppure la situazione non è strutturalmente cambiata. 

Per scoprire che all’alba prima che il sole rovente del Sud si alzi impietoso su campi, uomini e case basta andare nelle piazze dove i caporali raccolgono i braccianti, molti dei quali senza contratto. Lo fanno tutti i giorni. Per verificare se nelle aziende agricole di Calabria e Puglia ci sono casi di sfruttamento (ciò avviene da anni), bisogna mettere in campo una azione massiccia di controllo e se necessario di repressione. Non esiste altra strada diretta.

Lo Stato non è attrezzato per combattere il caporalato dice il ministro del lavoro, Luigi di Maio, che vuole assumere un pool di ispettori del lavoro. Abbiamo poliziotti, carabinieri, finanzieri. Bastano questi, se la rete delle istituzioni decide di agire. L’illegalità diffusa sono anche i ghetti, come quello di Rignano Garganico dove ci sono 600 roulotte. Nessuno le ha mai viste? O come quello sterminato di San Ferdinando nella Piana di Gioia Tauro, in Calabria. Chiudere un occhio dinanzi all’illegalità significa contribuire alla contaminazione. Infatti due giorni fa in Veneto sono state arrestate sei persone. Caporalato anche qui.

Altro scenario. La stessa situazione di irregolarità viene tollerata sui treni dei pendolari spesso popolati da una fauna di abusivi, rom, borseggiatori. Ce ne accorgiamo solo quando una capotreno esasperata perde la pazienza, sbotta nell’altoparlante e usa frasi fuori ordinanza per invitare gli zingari a scendere. E nella bufera finisce lei, mentre sarebbe meglio preoccuparsi dei molestatori di professione in servizio permanente effettivo sulle carrozze. E’ l’Italia strabica.

Tornando al racket dei pomodori, spesso contaminato dalle cosche mafiose, c’è chi dice che molte aziende al Sud sono costrette a pagare poco e male i braccianti perché soffrono la concorrenza delle importazioni provenienti da Africa e Spagna a prezzi stracciati. Vero. E allora lo Stato e le sue diramazioni periferiche si i sveglino e mettano in campo correttivi (anche dazi se serve) per difendere e salvaguardare il prodotto di casa nostra. Ciò non giustifica le troppe imprese fuorilegge di Puglia e altre regioni del Meridione, ma è una strada da percorrere. Però negli anni disastrosi delle pesche nettarine distrutte in Romagna per il crollo dei prezzi non è esploso contestualmente il fenomeno del caporalato. Almeno nelle dimensioni di cui sopra. Altri mondi. L’Italia ha battuto il terrorismo, non può arrendersi davanti ai ghetti dei pomodori.