Il flop espulsioni

Un immigrato in un Cie, foto generica (Fotoschicchi)

Un immigrato in un Cie, foto generica (Fotoschicchi)

DA STOCCOLMA a Budrio, dal terrorismo alla delinquenza sanguinaria, stessa storia. Ci sono espulsi che dovrebbero andarsene dal Paese dove sono dichiarati indesiderabili non per razza o religione, ma per motivi di sicurezza, e invece ce li teniamo in casa. Uno fa un attentato col camion-ariete, l’altro rapina, aggredisce come una bestia feroce chi tenta di fermarlo, spara a vista e uccide. In alcuni Paesi europei le espulsioni funzionano a singhiozzo, in Italia il motore è quasi fermo. Igor, il lupo dell’Est, è un caso emblematico. Una vita da super ricercato, un passaggio al Cie, due espulsioni, una condanna: zero applicazioni. È qui che lotta e semina terrore fra noi. Ha pure avuto la sfrontatezza di allestire un profilo Facebook (con un altro nome) dove postava foto in posa. Ha provato a farsi cacciare, ma il nostro garantismo è d’acciaio. La Russia non lo ha riconosciuto come suo cittadino: tenetelo voi e l’Italia ha alzato le mani. Identità incerta, molti alias, forse viene dall’ ex Jugoslavia. Chissà chi è. Comunque non dovrebbe stare qui. Ma noi siamo ospitali: prego Igor, si accomodi e se rintraccia il passaporto ripassi. Nessuno l’ha più visto, se non in presenza di rapine e omicidi. Il meccanismo delle espulsioni tentenna anche con i migranti che tra ricorsi, identità da accertare, burocrazia, una volta entrati non escono più. Certo, gente disperata, che poi il nostro welfare assiste in nome dell’accoglienza. Ma con gli Igor e i terroristi è surreale che l’alternativa all’espulsione non sia la galera, ma la libertà. Di uccidere.