Martedì 16 Aprile 2024

La realtà inverosimile

Macerie e neve nell'hotel Rigopiano (Ansa)

Macerie e neve nell'hotel Rigopiano (Ansa)

Roma, 20 gennaio 2017 - Esci un minuto, prendi una medicina in macchina, ti giri, e l’albergo non c’è più. Troppo agghiacciante per crederci. Troppo agghiacciante per raccontarlo. Troppo agghiacciante perché venga creduto chi a sua volta lo racconta. Eppure quell’albergo non c’è è più. Quell’uomo ha visto sparire sotto un’immensa lastra di ghiaccio la moglie e i figli. Quel professore a cui si è rivolto e che ha fatto tutti i numeri 100 immaginabili e possibili (113,112,115…) per lanciare l’allarme, ancora gronda dolore e rabbia per non aver potuto dare una risposta efficace a quel grido disperato.

ALLORA, se vogliamo dare la caccia alle responsabilità, è tutto facile. Prendiamo le registrazioni delle telefonate, individuiamo gli interlocutori della prefettura, dei carabinieri, della polizia, e li indaghiamo per omesso soccorso, o roba del genere. E in punta di diritto ci sta pure, perché con una divisa addosso dovrebbero scattare ad ogni Sos. Anche se poi si rivela infondato, anche se all’Hotel Rigopiano probabilmente la morte è andata a braccetto con la valanga, senza dare tempo a nessuno di salvarsi o di essere soccorso. Insomma, se ci sono delle responsabilità, vengano accertate. Detto questo, però, ricordiamoci di come nella mente umana scatti una sorta di difesa, di ripulsa verso gli eventi a cui non possiamo credere, soprattutto se ci arrivano di seconda mano, riferiti, difficili, impossibili, da credere. Capita nelle piccole tragedie, quando incontri un amico e ti dice: sai che è morto Giulio? E tu rispondi. Figurati, abbiamo preso il caffè due ore fa. Eppure Giulio è morto con ancora in bocca il sapore di quel caffè.

È CAPITATO la notte del 9 ottobre del ’63, quando le prime segnalazioni dello tsunami d’acqua uscito dalla diga del Vajont e che aveva cancellato Longarone e altri paesi (2000 morti), vennero prese come allucinazioni da grappa. Capitò il 4 novembre 1966 al collega della Rai Marcello Giannini che dovette calare il microfono dalla finestra perché i colleghi romani capissero cosa stava accadendo: non so se vi giunge questo rumore, ecco, questo non è un fiume, è il cuore di Firenze invaso dall’acqua... Allora, se ci capita, telefoniamo,insistiamo, tempestiamo. E chi ci ascolta, per carità di Dio, provi a crederci, verifichi, dia l’allarme. Perché in un altro hotel Rigopiano, forse il ghiaccio non si è portato via la vita.