Il dovere di un leader

De Gaulle avrebbe varato la Quinta Repubblica se fossero esistiti i post su Facebook? Moro e Berlinguer avrebbero siglato il compromesso storico se twitter avesse cinguettato di continuo contro il nemico di una vita? Churchill avrebbe provocato la riscossa dell’opinione pubblica britannica se Instagram avesse trasmesso in continuazione le foto dei soldati spiaggiati a Dunkerque? Immagini forti, che per un gioco di contrasti chiaro/scuro ci mostrano come uno dei difetti dell’epoca presente sia proprio quella della mancanza di leadership credibili e solide. I leader sono quelli che hanno un’idea e la perseguono assumendosene le responsabilità anche di fronte alla propria gente, non quelli che conducono una trattativa con un occhio all’avversario davanti al tavolo e uno allo smartphone sotto la scrivania per seguire i social. Cosa che invece sta accadendo in questi giorni, quando giunti nell’imminenza di un accordo si deve poi far sempre i conti con "il popolo del web", fantomatico luogo dove quasi per definizione ribollono odio e intolleranza che mal dispongono al compromesso, con questa legge indispensabile. Ora, è evidente che una campagna elettorale condotta con linguaggi e narrazioni "maggioritarie" intrise di risentimento e disprezzo producono un post-elezioni in cui è difficile parlarsi e ogni intesa è etichettata come inciucio, ma è altrettanto evidente che proprio per questo i leader dovrebbero finalmente decidere di fare i leader con coraggio e lungimiranza, e porre rimedio a una situazione che loro hanno creato votando una legge proporzionale in cui c’era già scritta la parola caos. La gente va ascoltata, è la democrazia e ci sono le elezioni per questo. Ma ad ascoltarla troppo, specie quelli che gridano più forte, si rischia un’inconcludente e inane anarchia.