Opposizione fai da te

Nel mondo alla rovescia del governo dei populisti la distinzione tra maggioranza e opposizione sembra un concetto ottocentesco, roba da nobili e borghesi imparruccati. Chi è arrivato al potere presentandosi come un Masaniello che smaschera e sconfigge i complotti dei potenti, non può poi serenamente entrare nei panni del prudente amministratore della cosa pubblica. Deve per forza trovare qualcuno da combattere e su cui all’occorrenza scaricare gli insuccessi, in modo da distogliere l’attenzione o semplicemente dimostrare che lo spirito ribelle non è morto. Salvini è in guerra permanente contro l’Ue e i leader delle democrazie occidentali nostre cugine, mentre va a braccetto con Putin, Orbàn e Le Pen. Di Maio deve accontentarsi, si fa per dire, di mettersi contro lo stesso governo di cui è pluriministro.

L’ultima, come è noto, è che il testo di un decreto – atto per eccellenza del governo – sarebbe stato riscritto all’insaputa di premier e vice, nel tragitto tra Palazzo Chigi e il Quirinale, da qualcuno che evidentemente poteva presumere di farla franca. Della serie: come smascherare i complotti di alleati e poteri forti, stando al vertice dello Stato. Nel frattempo, lo spread schizza oltre i 300 punti base, i mutui crescono e i risparmi in titoli del debito pubblico si dissanguano. Sarebbe il momento per i partiti realmente all’opposizione di riprendere la parola. E invece sono afoni. La parabola della Leopolda illustra perché. Era nata con l’ambizione di immettere energia creativa e un nuovo motore nel centrosinistra, riunificarlo intorno a un giovane leader che si prende rischi e promette in caso di sconfitta di farsi da parte. Avrebbe dovuto contrastare la sindrome tafazziana della sinistra, divisa in mille rivoli in perenne conflitto. Ora rischia di risultare il ritrovo annuale della «corrente del Giglio», in vista di prossimi scontri congressuali.