Gli inutili guai di di M5s e dem. La lotta al virus ora si fa seria. Guai a dividersi

Il Lazio ci sta mettendo una pezza. Così chi scrive – nato nel ’44 – potrà raggiungere suo fratello, già vaccinato, senza altri titoli che di essere nato nel ’57. Ma la stravaganza peggiore non è questa. La stravaganza – per usare un eufemismo – è che in Italia meno di un milione di ultraottantenni su quattro milioni e 400mila sono stati vaccinati con la prima dose, mentre lo sono stati circa 800mila socio-sanitari che in massima parte non sono mai entrati in un reparto ospedaliero. Docenti universitari in pensione, ricercatori che entrano in ateneo una volta l’anno e così via.

Il primo marzo l’illustre banchiere centrale al quale l’Italia ha affidato il suo destino ha fatto quel che il buonsenso avrebbe richiesto da tempo: militarizzare il piano vaccinale. La logistica dell’esercito, comandata dal generale Figliuolo, è una eccellenza internazionale. Lo constatai per la prima volta nell’82 in Libano: ci prendevano in giro per le piume dei bersaglieri e fummo i migliori. La Protezione civile italiana è un’altra eccellenza internazionale se le si rimette olio negli ingranaggi arrugginiti da decentramenti e burocrazia. L’ingegner Curcio, che viene da un corpo straordinario come i vigili del Fuoco, è la persona giusta per farlo. Se ho capito bene, le ‘stravaganze’ finiranno presto. Sia gli ottantenni sacrificati in favore dei raccomandati, sia le dosi rimaste in frigorifero per le deficienze organizzative di qualche regione, sia l’imbarazzante ipocrisia di qualche Big Pharma che approfitta della pessima stesura dei contratti scritti a Bruxelles per non rispettarli.

Il titolone di prima pagina con cui il ‘Financial Times’ ha sparato ieri il nome di Draghi nel sequestro della partita Astrazeneca destinata all’Australia è un segnale politico molto importante. Siamo signori, non siamo fessi. La corsa ai vaccini è la corsa verso la vita fisica ed economica di un Paese. Il governo deve mettere le cinture di sicurezza e occorre che Pd e M5s non facciano pesare sul ministero le gravi crisi che li tormentano in questi giorni. Se il Movimento ha deciso di affidarsi a Giuseppe Conte lo faccia con celerità e chiarezza: altrimenti rischia di essere risucchiato dalle sabbie mobili del sistema perverso di selezione da esso stesso inventato. Il Pd rifletta prima di disfarsi del settimo segretario in 14 anni. In attesa del congresso, l’assemblea di metà marzo faccia chiarezza sul leader e sulla linea politica. Solo una legittimazione piena può convincere Zingaretti a restare. In ogni caso, guai a indebolire un governo che ha bisogno di una dieta robusta di spinaci Bracciodiferro.