Giustizia, il "pizzino" di Mattarella alle toghe

Respingendo un parere del Csm sulla prescrizione, il presidente ricorda che le riforme le fanno i politici e non i giudici. In Italia purtroppo non sempre è stato così

Il presidente Sergio Mattarella

Il presidente Sergio Mattarella

Attraverso un espediente tecnico-giuridico il presidente Mattarella invia ai giudici un "pizzino" chiarissimo, il cui senso ci permettiamo di riassumere in poche parole: attenzione, le riforme le fanno i politici e non i giudici; ognuno al suo posto. 

L’occasione è stato il consueto assenso all’ordine del giorno del plenum del Csm, di cui il Capo dello Stato è per Costituzione presidente. Sergio Mattarella è siciliano di poche parole, ma conosce le regole del gioco e sa sfruttarle. Il Csm (Sesta commissione) aveva espresso un parere sulla riforma del processo penale (la cosiddetta "riforma Cartabia") limitatamente "all’istituto dell’improcedibilità". In sostanza la prescrizione. Il parere su uno specifico punto è un modo come un altro per esercitare una pressione sulla politica, la stessa manovra che avevano messo in atto pm di grossissimo calibro quando alcuni giorni fa sono stati auditi in parlamento e avevano prospettato scenari apocalittici nel caso della reintroduzione della prescrizione.

Rifiutando che il parere venga inserito all’ordine del giorno, Mattarella mette i puntini sulle "i" e fa capire al massimo organo di autogoverno delle toghe che tutte le parti saranno ascoltate (come avviene prima di ogni riforma) ma che poi alla fine l’ultima parola, e forse anche la penultima, spetta alla politica.

La riforma del processo penale non avverrà, questo il sottotesto, sotto dettatura dei magistrati. Come già Draghi e la Cartabia avevano dato a intendere, e come dagli spifferi trapelati dal Colle si era capito. D’altra parte quando una riforma delle giustizia così importante arriva in cdm è impensabile che essa non abbia ottenuto una qualche forma di "bollinatura", anche se ovviamente informale, da parte del Quirinale. Una novità positiva per l’Italia dove da trent’anni a questa parte i giudici non si limitano ad applicare le leggi, ma pretendono di scriverle.