Martedì 23 Aprile 2024

Giornata della Memoria sul web. Sono i giovani che ci chiedono di ricordare

Nella tradizione ebraica la memoria è tutt’uno con il senso della storia umana. Zakhòr, ricorda! Una parola legata al concetto di maschio. L’uomo è colui che ricorda. Ma è un obbligo che trascende l’imperativo, non è un semplice dovere. Perché contiene la consapevolezza che la vera memoria non è ricordare tutto, non è ubriacarsi di immagini fino a precipitare nell’oblio e confondersi. È la memoria necessaria per tramandare e interpretare la storia, per comprendere, se possibile, il legame tra Dio e l’uomo, e il mistero del suo silenzio. È la memoria che permette ai padri di sollecitare nei figli il desiderio di domandare e conoscere, per leggere il mondo con occhi superiori al presente.

Per ricordare il passaggio del Giordano, l’arrivo nella Terra Promessa dopo l’esilio, Giosuè _ chiamato da Dio _ impone ai 12 capi tribù di porre delle pietre sul luogo dove si accamperanno nella notte. Sono le prime pietre d’inciampo. Il segno che servirà per ricordare e far sì che i discendenti facciano domande ai padri. Vent’anni dopo l’istituzione della Giornata della Memoria, che ricorda la liberazione di Auschwitz da parte dei soldati sovietici (il 27 gennaio 1945), possiamo dire che il messaggio di Giosuè è traslato in questo anniversario e lo ha trasformato esattamente nel significato più alto della memoria. Ha sollecitato i figli, i giovani, a farsi domande. Tutti i giovani, non solo gli ebrei.

Ed è forse questa la spiegazione del perché nella giornata del 27 gennaio Google abbia registrato un picco di ricerche con le parole “Memoria” o “Shoah”. E su Twitter i primi hashtag, ovvero le parole chiave della giornata, anche ieri, erano #Giornatadellamemoria o #pernondimenticare... Ci piace pensare che a digitare quelle richieste siano per lo più giovani utenti della rete, che cercano di comprendere il significato di questa giornata, per capire che cosa sia accaduto nei campi di concentramento. Sono i figli che domandano ai padri, attingono alla loro memoria. Durante la cena pasquale, gli ebrei recitano questo verso: "In ogni generazione ognuno deve considerare come se fosse lui stesso uscito dall’Egitto". Il 27 gennaio 1945 era un sabato. Il brano della Torà di quel giorno era la fuga dall’Egitto. Non si dimentica, mai, perché il tempo fa parte di noi, ci plasma e ci dice che dignità e libertà sono valori universali che sopravvivono anche agli olocausti che può produrre l’umanità. La testimonianza degli ebrei sopravvissuti ai lager, forse poco più che una decina in Italia, non é un semplice ricordo: è il non dimenticare. La differenza è fondamentale. Meditate che questo è stato, scrisse Primo Levi. La memoria non è solo un ricordo, è un metodo per scegliere il nostro futuro.