Industrie e politica, ma dov'è il governo

Cos'è cambiato da quando negli anni Sessanta il generale Charles de Gaulle mise il veto alla cessione di Citroën a Fiat? Assolutamente nulla. Dopo 50 anni eccoci qui. I francesi sono sempre i francesi: furbi, con la puzza sotto il naso e bravissimi a tutelare gli interessi nazionali. E gli italiani sono sempre gli italiani: geniali e un po’ guasconi, ma pure litigiosi e incapaci di imporre oltre confine una strategia-Paese efficace. Per dirla con i professoroni dell’economia, tante invidiabili eccellenze senza una vera politica industriale a sostenerle nel loro insieme. Bravi loro, sprovveduti noi? Al netto dell’europeismo a intermittenza praticato Oltralpe, che vale solo quando fa comodo a Macron&Co. (e contro il quale è giusto puntare il dito, ma serve a poco ahimé), è evidente che il silenzio del governo italiano nelle partite che contano si è fatto assordante. Salvo poi strillare al complotto quando i giochi sono ormai fatti, o allungare la mano pubblica per salvare il salvabile. Dalla moda all’agroalimentare, i francesi hanno fatto shopping selvaggio dei nostri marchi ma ogni volta che era un’azienda italiana a mettere piede al di là delle Alpi, lo Stato ha imposto la propria linea industriale e piantato rigidi paletti. Della serie, ‘prima la Francia’. Altro che Trump. Il superministro dello Sviluppo Economico e del Lavoro, nonché vicepremier, Luigi Di Maio, nel giro di pochi giorni si è visto scoppiare in mano una serie di crisi aziendali – Whirlpool, Mercatone, Knorr, Stefanel, che finiscono nel calderone delle 140 vertenze aperte al Mise – mentre sul caso Fca-Renault non ha battuto colpo. Fatto sta che non si vede all’orizzonte uno straccio di politica industriale. Non è tutta colpa sua, per carità, il vuoto pneumatico nella regia pubblica dello sviluppo industriale esiste da almeno vent’anni. Il che non significa per forza statalismo, ma un piano a lungo termine per orientare lo sviluppo dei settori, dalla formazione della forza lavoro agli incentivi per le imprese. E non dimentichiamoci che restiamo pur sempre l’ottava potenza industriale al mondo, diamine! Eravamo la quarta, è vero. A noi la scelta: possiamo puntare alle stelle o dritti all’inferno. E allora basta prendere schiaffoni a destra e a manca. Le guance sono due. E sono finite da un pezzo.