Emiliano contro Zaia. Regioni e sanità: urge la riforma non la polemica

La notizia del governatore pugliese Michele Emiliano che requisisce due macchinari scientifici venduti al Veneto da una azienda di Bari solo perché "servivano prima alla Puglia" fa sorridere e pensare. Fa sorridere il pensiero di un presidente di Regione che impedisce a una ditta del suo territorio di vendere dispositivi sanitari a un’altra regione italiana, e magari Emiliano sarà stato uno dei tanti a scagliarsi contro la Germania perché poco solidale.

Fa pensare perché tocca uno dei nervi che la crisi ha portato allo scoperto: il rapporto tra lo Stato e le Regioni e forse anche i rapporti tra le singole Regioni. La stessa discussione sull’opportunità di riportare la sanità sotto l’ombrello centrale è la spia di un tema ormai all’ordine del giorno. L’argomento è complesso e peraltro, ricordiamolo, di rango costituzionale. In molti stanno già snocciolando le proprie ricette, ma in attesa di capire che cosa fare, mandiamo a mente che cosa non fare. La prima cosa da evitare è concepire una riforma costituzionale sotto l’onda di una qualche esigenza politica del momento. Come per esempio accadde nel 2001, quando il centrosinistra partorì la disastrosa riforma del Titolo V solo per arginare la Lega.

Anche perché questa pandemia ci ha detto molto, ma non tutto. Casi come quelli di Emiliano devono di sicuro essere scongiurati per evitare che qualcuno si senta Napoleone e quindi in momenti di crisi un certo coordinamento centrale va previsto, ma quanto alla sanità un’analisi vera non è per adesso possibile: alcune Regioni paiono aver gestito bene l’emergenza e nello stesso tempo non è che lo Stato si sia dimostrato efficientissimo, basta ricordare il caos Inps e il disastro mascherine. Le prese di posizione di adesso, che già fioccano, sono in sostanza del tutto premature. Capiamo bene cosa è accaduto e poi agiamo. Senza pensare di dover regolare conti in sospeso.