Mercoledì 24 Aprile 2024

Elezioni a ottobre? A chi giova un altro voto

Sì, lo sappiamo, stiamo parlando di una strana alleanza nata più per bisogno che per amore, ma al termine di questi due mesi di risse continue la vera domanda è quante scorie tossiche allignino ancora in giro nei corridoi di palazzo Chigi e se l’eterna legge della necessità potrà sanare le ferite aperte dai duelli rusticani tra i gemelli diversi Salvini-Di Maio. In politica si può infatti dire tutto, a patto però di non crederci. Regola aurea che invece leghisti e grillini hanno infranto, dando troppo spesso l’idea di essere sinceri quando si sono presi a schiaffoni, quasi non aspettassero altro.

Lo scontro tra Conte e Giorgetti, il sostanziale fallimento del Cdm di ieri, sono gli ultimi di una serie di episodi che farebbero pensare a una sicura rottura ma abbiamo visto molte campagne elettorali, anche aspre, ricomporsi magicamente. E saranno solo gli elettori, domenica prossima, a dirci se la dialettica intensa sarà stata una preterintenzionale prova di divorzio, come quei coniugi che di fronte alle prime difficoltà decidono di dormire «una sera o due» sul divano e poi scoprono che sul divano non si dorme poi così male, oppure solo una sorta di stress-test in cui si registrano i motori e si riparte.

Magari con nuove consapevolezze, tipo quella dei grillini che solo adesso hanno capito l’errore di aver lasciato troppo spazio a Salvini nei primi mesi di governo. Con una Lega sotto il 30 e un M5S distante al massimo 5/6 punti i cocci verranno in qualche modo riappiccicati in nome dei reciproci interessi; nell’evenienza invece di uno scollamento molto più marcato, le urne a ottobre sono la realtà più probabile.

A quel punto a troppi degli attori in campo converrà il voto. A Salvini, che potrebbe consolidare la propria leadership, a una Forza Italia ormai rassegnata a fare il decisivo passo verso il futuro senza Berlusconi, a Giorgia Meloni che tornerebbe in gioco mentre adesso sta all’opposizione, a Zingaretti che liquiderebbe senatori e deputati renziani, allo stesso Renzi che ancora controlla i gruppi parlamentari Pd e potrebbe decidere la vagheggiata rentrée, lui o un altro del campo liberal-riformista tipo Calenda, e infine anche al Quirinale, preoccupato altrimenti per una supermanovra da portare in fondo in un quadro instabile.