Venerdì 19 Aprile 2024

Le incognite del M5s. Il leader assediato

Il Maalox questa volta rischia di prenderlo Luigi Di Maio. Nel 2014 toccò a Beppe Grillo dopo il famoso 40% di renziana memoria. Fortunatamente per lui se la cavò con uno sfottò via social: «Vinciamo poi». Beppe era un comico, il suo Movimento era all’opposizione e la sconfitta poteva essere tollerata con una messa in scena. Oggi per Di Maio – se le proiezioni verranno confermate – un video sul web non basterà. Che il governo fosse appeso alle Europee è un segreto di Pulcinella. La distanza tra i due vicepremier e tra i due partiti di governo (Lega e M5s) desta non poche preoccupazioni sulla stabilità dell’esecutivo. Con un’aggravante: i 5 Stelle (che alle Politiche erano al 32,7%) sono stati superati pure dal Pd di Zingaretti. Insomma, per Di Maio saranno dolori considerando – come fa notare l’Istituto Cattaneo – che il M5s si è sgonfiato al Sud, dove tradizionalmente è più forte. Segno che aver cambiato pelle, essersi alleati con la Lega, tradendo molti dei ‘dogmi’ stellati, non ha funzionato trasformando il Movimento da partito piglia tutti in partito ‘uno nessuno centomila’ che un giorno è giustizialista e il giorno dopo salva Salvini. Un giorno è di destra e il giorno dopo di sinistra. Tante, quindi, le incognite. A partire dalla leadership di Di Maio. Primo: se l’alleanza naufragasse, il giovane capo non potrà ricandidarsi. È al secondo mandato e Casaleggio ha già fatto sapere che di deroghe non se ne parla. Secondo: Di Maio dovrà fronteggiare l’ala sinistra interna guidata da Roberto Fico che si rifarà viva. Terzo: Di Battista. Dopo aver proclamato di ripartire per mete lontane ha cambiato idea. All’ultimo comizio di Di Maio in tanti hanno notato che lo smalto del sorriso guascone non si è guastato. Quarto: Giuseppe Conte e le voci di una sua discesa in campo alla guida del M5s. Fantapolitica? A pensar male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina. Pare lo dicesse Giulio Andreotti.