Mercoledì 24 Aprile 2024

I due alleati, tra inferno e purgatorio

Gli ultimi sondaggi pubblicabili a norma di legge prima delle elezioni dicono che Lega e Cinque Stelle sono divisi da 8 punti. Meno dei 10/12 della settimana scorsa, ma sufficienti quasi a ribaltare i rapporti di forza tra i due partiti. La Lega al 30% guadagnerebbe 13 punti rispetto alle elezioni politiche, il M5s con 22 ne perderebbe 10. Otto punti sono un limbo in cui tutto può accadere: 10 o più precipiterebbero il partito di Di Maio negli inferi, 5 lo farebbero risalire a un Purgatorio accettabile. Crisi di governo ed elezioni anticipate – se e quando se ne parlasse – dipenderebbero in larga parte dai risultati elettorali. Anche se gli stellati addebitano la perdita di consenso al fidanzamento con Salvini e i leghisti dicono che non se la sentono di proseguire una collaborazione così sfibrante. Durante la battaglia d’Inghilterra del 1940, i londinesi avevano una sola certezza: ogni giorno i tedeschi li avrebbero bombardati. Così noi cronisti, nel momento in cui il sorgere del sole ci informa che il mondo è ancora in piedi, sappiamo che i caccia stellati bombarderanno da lì a poco il quartier generale leghista.

E la contraerea del Capitano risponderà a dovere. Non vogliamo annoiare il lettore con lo sterminato menu di attacchi e contrattacchi: crediamo che i punti di contatto tra i due alleati siano ormai largamente inferiori ai punti di dissenso. Indipendentemente dal giudizio sulla revoca del sottosegretario Siri, Salvini non è tipo da incassare una sberla del genere senza battere ciglio. Vedremo come andrà a finire il suo pressing su autonomia e flat tax, ma sarà difficile per la Lega rinunciare a progetti simbolo e per i 5 Stelle al salario minimo, anche se le compatibilità economiche sono tutte da dimostrare. E vedremo anche se dopo il 26 maggio il presidente Conte potrà ripetere tranquillamente che "il fatto che comandi Salvini è una illusione ottica", come ha detto ieri.

Negli ultimi giorni l’orizzonte si è tuttavia schiarito, almeno a sinistra. Il segretario Zingaretti ha marcato l’apertura a sinistra del Pd, più di quanto non avesse fatto finora. Se si andasse a elezioni anticipate, sarebbe naturale il suo tentativo di fare un governo con i 5 Stelle, se i numeri lo consentissero. Questi numeri oggi danno una somma del 42/44 per cento, di 1/3 punti inferiore ai voti di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia. Anche la forza parlamentare dei 5 Stelle sarebbe ridimensionata dalla loro debolezza nei collegi uninominali. Se Salvini non dimostrasse il 26 maggio di essere fortissimo da solo (o con la Meloni) in molti collegi, avrebbe due sole opzioni: presentarsi alle politiche con il centrodestra classico o continuare l’avventura con i 5 Stelle indeboliti e preoccupati da un forte ridimensionamento dei loro gruppi parlamentari. Di Maio farà di tutto per reggere: Di Battista ha già fatto sapere di essere pronto a candidarsi. Al posto di Di Maio, se sul capo politico si abbattesse il vincolo dei due mandati. Uno strappo a sinistra nel M5S, un possibile strappo nel Pd se i renziani non accettassero un ritorno al passato. Mentre il Cavaliere, di cui era stato celebrato l’ennesimo funerale, ha fatto ‘cucù’ mostrandosi in gran forma negli schermi televisivi. Insomma, beato chi sa leggere i fondi del caffè.