Nessun salto nel buio

Jean-Claude Juncker è un avvocato lussemburghese di 64 anni. Da quattro presiede la Commissione europea (Partito popolare) dopo essere stato per diciotto presidente del Consiglio del suo paese e prima ancora ministro del Tesoro e delle Finanze. Grazie a lui, il Lussemburgo è diventato un legalissimo paradiso fiscale. Il fatto che il capo di un paese microscopico, seppure di lunga tradizione, ne guidi altri 27 enormemente più grandi la dice lunga sulle stravaganze di questa Europa, compresa quella – enorme – di mantenere regimi fiscali diversissimi tali da squilibrare l’intero assetto economico continentale (si pensi all’Irlanda). L’ altro giorno Junker, con sbalorditiva impudenza diplomatica e imprudenza politica, ha previsto per l’Italia lo ‘scenario peggiore’ con un ‘governo non operativo’ dopo le elezioni. Salvo smentirsi quattro ore dopo, ma a mercati finanziari ormai chiusi a leccarsi le ferite. Al di là della enorme gaffe commessa, Juncker ha ragione? A nostro avviso no. 

Il nostro sistema elettorale molto difficilmente consentirà a uno dei tre poli di prendere la maggioranza assoluta. Ma come ha detto Gentiloni giovedì a ‘Porta a porta’, provocando la ritrattazione di Juncker, l’Italia non farà salti nel buio. Il piccolo Belgio è stato 535 giorni senza governo e ha avuto nel periodo una crescita eccellente. La grande Germania è da cinque mesi senza governo e i mercati non se ne sono accorti. A parte l’enorme debito pubblico (affiancato da un enorme risparmio privato), l’Italia sta meglio della Francia: ma nessuno a Bruxelles è disposto ad ammetterlo. Se in assenza di risultati elettorali chiari il 5 marzo si scatenasse una speculazione sui nostri titoli, sarebbe appunto una speculazione, perché i conti fondamentali dell’economia non si sposterebbero di un millimetro nel medio periodo. Chi sostiene che in caso di stallo si dovrebbe votare subito, sa bene che tecnicamente la prima data utile sarebbe ottobre. Ma la necessità di approvare la legge di bilancio renderebbe verosimile un rinvio a primavera. In questo periodo il governo Gentiloni governerebbe (non si è dimesso, non avrebbe bisogno di una nuova fiducia) badando a fare qualche discreta consultazione con l’opposizione moderata come è avvenuto recentemente per alcune nomine importanti. Ma non è detto che lo scenario sia questo. È scontato infatti che il presidente della Repubblica farà l’impossibile per dotare il Paese di un governo che poggi su una maggioranza parlamentare. Non crediamo alle voci di questi giorni che parlano di un governo Pd-Leu-5 Stelle: con una maggioranza blindata di parlamentari renziani occorrerebbe una mutazione genetica dei Democratici per arrivarci. E non crediamo (per numero di seggi e nemmeno per affinità politica) a un patto Lega–M5S. Una Grande Coalizione Pd-Forza Italia potrebbe non avere i numeri sufficienti, ma potrebbe essere la base di una maggioranza più ampia ed eterogenea. In ogni caso, nessun salto nel buio. Con buona pace di Juncker.