È il Papeete (senza mojito) di Conte

È il Papeete di Giuseppe Conte. Ma, quel che è peggio, è che non c’è neanche l’attenuante del mojito e dell’aria di fiesta della spiaggia del 2019 di Milano Marittima. No, tutt’intorno siamo solo circondati e dentro emergenze terribili: l’inflazione e la guerra in Ucraina, il ritorno della pandemia e la siccità. Eppure, non c’è stato niente da fare. La macchina infernale e kamikaze messa in moto dagli ultimi apprendisti stregoni rimasti nei 5 Stelle, dopo che i più ragionevoli hanno preso armi e bagagli e sono andati via, ha raggiunto l’obiettivo e si è fatta esplodere. Ma, nell’annuncio di guerra del conducente, l’ex Avvocato del popolo, non c’è traccia di un solo argomento che possa dare un senso all’operazione. Se non l’evanescente e illusoria convinzione di poter racimolare qualche decimale in più nei sondaggi tra il magma indistinto del ribellismo anti-sistema.

Questa crisi non ha nessuna delle altre motivazioni, strumentali, cangianti, e mutevoli di ora in ora, che l’ex premier ha snocciolato in streeming: non votare un decreto che prevede 15-20 miliardi di aiuti per famiglie e imprese perché ne servono di più (peraltro annunciati da Draghi in queste giornate) non è solo da irresponsabili sul piano politico, ma è logicamente incomprensibile.

Ma tant’è: quel che è certo è che si apre una crisi drammatica in un tornante tragico per la storia del mondo e del nostro Paese che non trova riscontro nella memoria politica dell’Italia repubblicana. A questo punto c’è da augurarsi che, nella irriducibile incomprensibilità del passaggio suicida di quel che resta del grillismo, non vi siano stati incoraggiamenti dall’estero. Di sicuro rimane la consapevolezza che, a ogni buon conto, possiamo contare sull’autorevole guida di Sergio Mattarella e dello stesso premier Mario Draghi. Non è poco: e, anzi, è la sola cosa che conforta nella notte buia di questa torrida estate.