Normalità e legalità

Proviamo a mettere in fila quello che è successo l’altra notte alla Lanterna azzurra. Proviamo ad asciugarci le lacrime di cittadini, di genitori, per quegli adolescenti e quella mamma che hanno perso la vita. Se proviamo a ricostruire ogni passaggio con razionalità, ne ricaviamo un risultato ancora più agghiacciante: in tutti gli avvenimenti che hanno punteggiato la tragedia, non troviamo nulla che non sia «normale». È «normale» che in un locale per 500 persone, si vendano biglietti in eccesso. La legge lo consente. Quindi non sapremo mai quanti ragazzi c’erano. Perché ci sono anche quelli che entrano con i cosiddetti pr; che non hanno pagato o che hanno pagato, ma poi non sono andati. Sta di fatto che erano molti, troppi, come nelle due discoteche chiuse ieri nel Salernitano.

Ancora. È «normale» che i buttafuori non controllino i clienti. Dicono che non si possa. Balle. Io nel mio locale posso far entrare la gente alle mie condizioni: con la cravatta, senza cravatta, in lungo, in maschera, o con l’obbligo di passare da un metal detector, ad esempio. Ora, invece, è «normale» che si possa avere una pistola in tasca. O uno spray al peperoncino, cosa diventata «normale» ai concerti rap o trap; solo alle serate di Sfera Ebbasta è già successo quasi una ventina di volte. Del resto, è «normale» vendere biglietti che annunciano la presenza di un artista alle 22, mentre lui a mezzanotte e mezza è ancora a cento chilometri di distanza. Nel frattempo si beve, sballandosi di rumore, stordendosi. E quando un criminale aziona la bomboletta, è normale essere disorientati, intrupparsi verso una sola uscita, «normalmente» inadeguata. Insomma, è «normale» che si possa morire, e quasi un miracolo che non succeda quasi mai. Allora, prima di un’altra Lanterna azzurra, sarà il caso che «normalità» incominci a fare rima con legalità. E se le leggi non ci sono o non funzionano, facciamole meglio. In fretta. Perché morire così, non è affatto normale.