Dl Rilancio, i veti e i litigi producono solo un cerotto

Lo chiamano decreto ’rilancio’, ma, purtroppo, se va bene, sarà solo un ’provvedimento-cerotto’ su ferite talmente profonde che richiedono ben altri interventi per tentare una prospettiva di rimarginazione. Intendiamoci, anche i ’cerotti’ servono nell’immediato come tamponi di emergenza. E, dunque, con i bisogni e le urgenze che ci sono non ci si può certo permettere di mettere in discussione e andare per il sottile su bonus, indennizzi, contributi, aiuti e ogni altra misura di assistenza o di liquidità in arrivo per lavoratori, famiglie e imprese. Ma, rispetto all’epocale tsunami che ha devastato la nostra società e la nostra economia, il maxi-rattoppo del governo arriva almeno con un mese di ritardo e per giunta con un côté di riti e litigi politici poco degni della tragedia in atto. Nel frattempo, per intenderci, siamo passati dalle previsioni e dalle stime funeste ai numeri reali della grande depressione originata dal Coronavirus: a marzo è scomparso all’improvviso il 28,4% della produzione industriale, ad aprile è verosimile che siamo già al doppio del valore perduto anche senza la certificazione ufficiale dell’Istat. Centinaia di miliardi di Pil andati in fumo, qualche milione di posti di lavoro volati via. In un Paese che, peraltro, non ha mai recuperato completamente i numeri del 2008. E, dunque, oggi che siamo a maggio dovremmo già avere approvata una road map per un "rilancio" vero fondato sulla mobilitazione massiccia di investimenti pubblici, incentivi consistenti per quelli privati, sensibili riduzioni fiscali strutturali, semplificazioni radicali e sblocco di tutti i cantieri possibili, drastico taglio della burocrazia fino al livello minimo indispensabile. E, invece, mentre ci avviamo alla riapertura più o meno completa del Paese, siamo ancora con la testa della politica e con i provvedimenti conseguenti dentro il lockdown sanitario-economico di marzo-aprile. I primi a entrarci, gli ultimi a uscirne: ma quando?