Credibilità in gioco

È già successo in passato, indifferentemente dal colore politico dei governi. Quando i conti non tornano si ‘spara’ sui tecnici colpevoli di non farli tornare. Uno scontro tutto politico su un terreno, invece, dove la politica dovrebbe lasciare spazio ai numeri. Per questo, la polemica fra Ragioneria e M5S sugli effetti del decreto Dignità dovrebbe spingere tutti a un passo indietro. Il ministero dell’Economia, per la sua stessa natura, è il custode non solo dei nostri conti pubblici. Ma anche della credibilità che i numeri sfornati quotidianamente da Via XX Settembre devono avere a livello internazionale. Cifre, previsioni e analisi che non a caso, come si dice nel gergo tecnico, hanno bisogno di essere "bollinati" prima di diventare strumenti per l’azione dell’esecutivo o per la valutazione dei suoi effetti nell’economia reale. La matematica non è un’opinione. E, spesso, non lo sono neanche le previsioni economiche. Sul decreto Dignità è già stato scritto un fiume di parole e di polemiche. Ma sul fatto che il provvedimento restringerà – sbagliato o giusto che sia – l’applicazione dei contratti a termine con l’effetto, almeno nel breve periodo, di ridurre l’occupazione precaria, c’è poco da discutere. Anzi, da questo punto di vista, le previsioni messe nero su bianco dai tecnici del Mef sono di molto inferiori alle cifre monstre circolate subito dopo il varo del provvedimento. I problemi non si risolvono puntando l’indice sulle tecno-strutture che hanno il compito di aiutare l’esecutivo a fare le scelte più giuste. Il decreto Dignità, il primo del governo giallo-verde, non solo ha aperto crepe nell’esecutivo, ma dallo stesso M5S che lo ha proposto sono arrivate chiare indicazioni per una sua modifica nel corso del cammino parlamentare. E, allora, perché tanto astio contro i tecnici? L’impressione è che, ancora una volta, le forze politiche si comportano e agiscono come non fossero mai uscite da una campagna elettorale permanente ed effettiva. Anche quando a parlare dovrebbero essere solo i numeri. Nell’interesse del Paese e di quelle istituzioni, come Ragioneria e ministero dell’Economia, che hanno anche una credibilità internazionale da difendere.