È rinato il PCI, partito cinese italiano

Draghi e il G7 si compattano contro l'espansionismo del Dragone, ma in Italia prolifera una attivissima comunità di estimatori del regime di Pechino. Ecco chi sono e perché bisogna stare attenti

Massimo D'Alema (ANSA)

Massimo D'Alema (ANSA)

C’è un partito cinese in Italia? E quanto vale? Come opera? Chi sono i suoi alfieri, che idee perseguono, per quel motivo si muovono? E poi: quali sono le mire del Dragone nel nostro Paese, qual è il reale interesse nazionale dell’Italia? Infine: l’innamoramento cinese, chiamiamolo così, di una parte della classe dirigente italiana, sta dentro il quadro di alleanze internazionali che la repubblica si è scelta o rappresentano una pericolosa deviazione da una tradizione atlantica ed europeista dalla quale sarebbe imprudente uscire? Ecco, sarà forse il caso di non sfuggire a questa fila di domande nel momento in cui l’Occidente serra le fila compatto verso le manovre espansionistiche sempre più aggressive e spregiudicate di quella che si può giudicare una potenza come minimo "non amica", la Cina appunto, e una parte della nostra classe dirigente invece non fa altro che strizzare l’occhio in direzione del Dragone. Per interesse, o interessi, per convinzioni politiche, per sintonie culturali. E sarà forse anche il caso di uscire un po’ dal nostro atavico provincialismo che ci porta a dare più importanza all’ultima dichiarazione dell’onorevole nessuno sulla legge elettorale piuttosto che ai grandi sommovimenti internazionali. Dalla politica estera passa invece l’immagine del Paese, la definizione che il Paese stesso dà o vuole dare di se stesso e quindi la tutela dei suoi interessi e quello delle sue aziende. Che i grillini, specie Grillo in persona, D’Alema, altri big della sinistra intrattengano rapporti speciali con la Cina (consulenze, affari di vario genere), ne promuovano gli interessi e lo rivendichino senza pudori proprio nei giorni in cui Draghi partecipa a un G7 in cui si lancia l’allarme Pechino non è quindi un fatto politicamente neutro. Forse negli anni dell’ubriacatura globalista seguiti alla caduta della cortina di ferro avevamo dimenticato che c’è comunque sempre un di "di qua" e un "di là", e che venuto meno il grande nemico sovietico il mondo non poteva che riaggregarsi intorno a centri di influenza che polarizzano visioni e valori differenti. Uno di questi è lo spartiacque ovest-est. Sentire D’Alema che magnifica le gesta di un regime (perché parliamo di un terribile regime, forse qualcuno se ne era scordato) che utilizza il lavoro forzato, nega le libertà individuali basilari, fa massiccio utilizzo della pena di morte, industrializza a scapito di tassi di inquinamento globale altissimo fa prima accapponare la pelle ma poi deve farci anche riflettere. Non è tutto uguale, non siamo tutti uguali.