Venerdì 19 Aprile 2024

Criminali in salamoia

Nel film Chi ha incastrato Roger Rabbit? convivevano gli umani e i "cartoni". Creature e mondi diversi, solo apparentemente coincidenti. Ma carcere e pena capitale per gli uni erano misure innocue per gli altri. Così la "salamoia", che terrorizzava i cartoni perché li uccideva sciogliendoli, era innocua per gli umani. Imprigionabili, invece, con muri risultanti permeabili ai cartoni. Anche da noi coesistono due mondi: quello reale di carne e sangue e quello virtuale di bit informatici. Ma i bit usati criminalmente da umani possono ledere altri umani. Il problema è che molti reati, concepiti a misura del mondo reale, appaiono inadeguati a scoraggiare o punire i corrispondenti crimini informatici. Resta poi sostanziale l’impunità di chi opera da computer siti in altro continente, oppure da un internet point sotto casa ma usando generalità e documenti falsi.

Caso esemplare è il massiccio invio di messaggi di posta elettronica estorsivi con i quali criminali internazionali chiedono pagamenti in criptovaluta, informando i malcapitati di aver hackerato il loro account e minacciando di divulgare le loro visite a siti porno. Criminali reali mi estorcono denari virtuali minacciando di divulgare ai miei amici reali i miei peccati virtuali? Il problema è come sciogliere quei criminali nella salamoia. Gli strumenti di enforcement, concepiti per il mondo reale, sono inadeguati. Certo, l’estorsione è un grave reato, sulla carta punito da 5 a 15 anni. Ma bastano riti abbreviati e sconti vari a falcidiare la pena. Ridotta fino a due terzi se il reato è solo tentato. Soprattutto, è difficile mettere il sale sulla coda a criminali internazionali, o mascherati da un mefisto elettronico. I quali, poi, non solo estorcono, ma altresì ingannano: fingono, per terrorizzarmi, di disporre di dati che non hanno, minacciandomi con una pistola scarica. Con qualche contorsione interpretativa si potrebbe invocare la truffa; ma mancano troppi elementi per quel reato concepito per il mondo reale, e per cumularlo.

È vero, ci sono anche i crimini informatici, quali l’accesso abusivo, la detenzione e diffusione abusiva di codici, la frode informatica. Ma risultano limitati e difficilmente cumulabili. Servono forse, se non reati nuovi, nuove aggravanti: quali pretendere pagamenti indebiti con le meno tracciabili criptovalute. Serve soprattutto una nuova coscienza della privacy informatica, punendone la violazione come ex se intrusiva. Il phishing dovrebbe essere di per sé reato grave. E la mera detenzione dei dati pescati andrebbe punita come trattamento gravemente criminale d’essi. E servirebbe, soprattutto, una maggior identificabilità dei computer coinvolti.