Coronavirus, la politica per una volta agisca unita

Dal 9 settembre 1943 al 31 maggio 1947 le principali forze politiche antifasciste si sono unite prima nel Comitato di Liberazione Nazionale e poi nel primo governo democratico della nuova Italia. La Liberazione dal nazifascismo è cosa ben più grande della lotta a un virus misterioso che pure uccide molta gente e distrugge economie consolidate. Ma i tempi sono cambiati e la reazione italiana (e non solo) alle pochissime centinaia di morti per il Coronavirus (età media 81 anni, la gran parte con vecchie patologie plurime) impressiona infinitamente più degli almeno cinquemila morti dell’ultima Asiatica degli anni Sessanta. 

Siamo abituati a vivere molto più a lungo e molto meglio di ieri. L’idea che la globalizzazione – pronuba di connessioni e commerci fino a ieri impensabili – si trasformi in un micidiale veicolo di contagio è del tutto inaccettabile per il nuovo standard di vita al quale ci siamo abituati.

E’ opportuno quindi che anche le forze politiche ne prendano atto e adeguino rapidamente i loro standard decisionali a una situazione imprevista. Vedere De Gasperi e Togliatti allo stesso tavolo del Consiglio dei ministri era innaturale. Come vedere presidenti degli Stati Uniti repubblicani e democratici piangere insieme davanti alle macerie di Ground Zero. Eppure accadde. Qui non si vuole sostenere la necessità di un governo di unità nazionale che le forze di maggioranza legittimamente respingono. Ma è nel loro interesse condividere con l’opposizione le linee generali di un intervento straordinario che deve andare al di là dell’emergenza Covid 2.

Prima che fosse colpito il paziente 1 di Codogno, noi eravamo affetti dal virus della mancata crescita ventennale, sfociata all’inizio dell’anno nell’annuncio di una recessione valutata ieri dagli analisti tra lo 0,5 e lo 0,7 per cento. I 7,5 miliardi stanziati finora dal governo sono una cifra importante, ma certo insufficiente a dare all’Italia la doppia scossa di cui ha bisogno. Si tratta di uno sforamento minimo (lo 0,3 del Pil), mentre i trenta miliardi proposti ieri dal centrodestra (equivalenti al nostro avanzo primario al netto degli interessi) sono l’1,7, portandoci fuori di poco dal tetto ormai vetusto del 3 per cento sfondato quasi sempre dai francesi. Si cerchi un ragionevole punto d’incontro tenendo presente che l’interlocutore non è più Bruxelles, ma la gente nelle fabbriche ferme, nei ristoranti vuoti, nell’Italia disorientata. L’Italia unita ce la farà. Ma unita come?