Mercoledì 24 Aprile 2024

Coronavirus, la stretta indispensabile. La cura dolorosa che nessuno vuole adottare

Fermiamoci davvero, fermiamoci subito. Questo lo slogan finito ieri sul tavolo di Palazzo Chigi, al culmine di una settimana di braccio di ferro fra sindaci e amministratori della Lega (ma anche di altre forze politiche, anche di maggioranza di governo) e il premier Giuseppe Conte sulle necessità di nuove misure restrittive per fermare il contagio da coronavirus. Nel dettaglio, la richiesta di bloccare "subito tutte le attività non strategiche comunque denominate (economiche, non economiche, pubbliche o private)". Decisione assunta in serata dal premier dopo l’ordinanza del governatore lombardo Attilio Fontana.

Le misure fin qui adottate a livello centrale si erano rivelate insufficienti, visto che in Lombardia le cifre dei contagiati e dei deceduti hanno continuato a crescere. E confuse apparivano alcune delle raccomandazioni che, proprio per questo, non hanno fin qui contribuito a limitare l’elevata mobilità né gli assembramenti in alcune aree. Il modello Wuhan, rilanciato dai medici cinesi giunti a dare man forte a quelli lombardi, è l’unica strada percorribile. Ma finora Roma non ne è sembrata convinta. Forse per paura di aggravare una situazione economico-finanziaria già pesantissima e senza uguali dal dopoguerra a oggi. L’oggettiva, imminente saturazione dei reparti di terapia intensiva degli ospedali delle regioni più colpite impone scelte drastiche per fermare la circolazione del virus. 

E altrettanto impongono i quotidiani bollettini di guerra sul numero reale dei decessi in province come quella bergamasca e bresciana, di molto superiore (cinque volte, si dice) a quello delle morti catalogate come imputabili al Covid-19. L’appello dei medici a fare presto, raccolto da sindaci e governatori del Nord, non può essere ignorato. L’ulteriore giro di vite sulle attività produttive e anche sulla dimensione sociale delle persone appare destinato, ammette Conte, a causare effetti devastanti sul sistema-Paese. "Lo Stato c’è", assicura il premier. Per questo occorre, parallelamente alla battaglia contro il rischio sanitario, iniziare a ragionare su come aiutare imprenditori, artigiani, commercianti, lavoratori autonomi e dipendenti di aziende costrette a fermarsi. Non ci sono più alibi. L’Europa ha allargato i cordoni della borsa e restituito - sia pure temporaneamente - piena libertà di manovra ai singoli governi nazionali nell’attingere alle risorse necessarie per la ripresa dell’economia. Quindi occorre fin da subito immaginare misure concrete e sufficienti a indennizzare tutte le categorie. Per riuscirci, quando la macchina potrà ripartire, e per infondere fiducia fin da adesso