La chiave sta in Libia

"Parigi val bene una messa": preservare l’amicizia competitiva tra Italia e Francia al di là delle polemiche di questi giorni meritava il viaggio del premier Conte nella capitale transalpina. Il presidente Macron invitando Conte ha creato l’occasione per rimediare alla gaffe dell’Eliseo e del suo portavoce con i loro toni inaccettabili. Ogni tanto capita che i francesi – non solo con noi – assumano gli atteggiamenti paternalistici di chi dà lezioni.

Il pranzo e la conferenza stampa all’Eliseo hanno diradato molte nubi, riaffermato la volontà di riformare il trattato di Dublino impegnando l’Ue a condividere la fatica italiana di fronte all’emergenza profughi.  Non credo di sbagliare dicendo che il bersaglio vero di Macron non era l’Italia né il suo governo, ma la svolta di Salvini. Alleato ed emulo dell’odiata Marine Le Pen che con Orbàn e la destra austriaca e bavarese si era affrettata a lodarlo, Salvini, eccitato dagli applausi, si era messo a disegnare assi e alleanze internazionali in base alle preferenze e alle affinità con la Lega.

La politica estera italiana non spetta a Salvini, spetta al presidente Conte e al ministro degli esteri Moavero. Bloccare in mare la nave Aquarius carica di 629 migranti è stato un clamoroso gesto di rottura – giustificato nei confronti di Malta – che però si rivelerà utile solo se spingerà all’unità d’azione un’Europa paralizzata dalle divisioni tra i suoi stati membri. Salvini che ha correttamente riconosciuto i meriti del suo predecessore Minniti nel ridurre del 77 per cento gli sbarchi ne segua l’esempio. La chiave sta in Libia e in Africa. È lì che l’Europa unita deve intervenire con mani aperte e generose, creando d’intesa con le autorità locali le reti di controllo e aprendo i necessari corridoi umanitari.