Martedì 16 Aprile 2024

Un segno di speranza

Semplificare le regole aiuta e avvantaggia tutti, lavoratori e imprese. Politica e sindacato si accapigliano ferocemente da qualche decennio sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori: e il tema, totem e tabù, diritto reale e metafora del conflitto sociale italiano, rischia di deflagrare nuovamente nella campagna elettorale prossima ventura. Eppure, proprio nel silenzio (distratto più che consapevole) tanto della politica quanto del sindacato, le riforme del mercato del lavoro che hanno riguardato quell’articolo (e non solo) hanno prodotto, comunque sia, l’effetto del crollo del contenzioso in materia di lavoro nelle aule dei tribunali. Lavoratori e datori di lavoro, sotto traccia e senza i clamori della ribalta, hanno preferito accordarsi sulla scorta dei nuovi e più sicuri criteri introdotti tra il 2012 e il 2015 invece di avventurarsi in estenuanti contese giudiziarie spesso senza garanzie né sul «quando» né sul «quanto». E, dunque, se i diritti non sono solo un’astrazione o uno schermo per far arricchire gli avvocati, ma esigono certezza (del diritto), allora la caduta verticale delle controversie giudiziarie, in uno degli ambiti tradizionalmente più conflittuali della vita sociale, è un segno di speranza. Vuol dire che più le regole sono semplici e nette, meno c’è ragione di ricorrere al giudice e più è possibile trovare formule conciliative meno onerose e meno lunghe. Insomma, volendo, si può fare. E si può fare anche per altri settori del diritto: quello fiscale per cominciare. E, come si vede proprio dal caso delle norme sul lavoro, a regole più certe corrispondono diritti più certi e più esigibili per tutti, non formule ideologiche sottoposte all’alea di un giudizio solitamente annoso e largamente discrezionale. A beneficio, più o meno esclusivo, del ceto forense.