Il partito nei guai. Nuove crepe a sinistra

Dicono  che non è più il tempo degli uomini soli al comando. Possibile. Ma se al comando non c’è qualcuno che assomigli almeno a un uomo solo, beh, le cose rischiano di non funzionare, o di funzionare peggio. Parliamo del Pd, e dello tsunami che il terremoto della giustizia sta scatenando nel partito, un organismo dal metabolismo difficile: più l’elettorato lo tira su, più la dirigenza fa di tutto per tirarsi giù. Non da oggi.

Così capita che la vicenda Lotti si collochi in pieno recupero di consensi, e li rimetta su un piatto d’argento nella disponibilità degli avversari, e al giudizio (severo) dell’opinione pubblica. Il Pd, l’uomo solo non ce l’ha: ha Zingaretti al comando, e questa vicenda ha confermato due cose. Primo, non basta essere eletti per diventare leader. Secondo, la pace ‘zingarettiana’ era solo apparente. Sotto la crosta il solito magma fratricida ribolle, e il caso Lotti rischia (ammesso che sia un rischio) di accelerare la frattura definitiva tra i nuovi vertici, e la passata, inconsolabile classe dirigente renziana.

Partiamo da Zingaretti. Non c’è dubbio che il generale abbia gestito poco e male questa brutta storia. E se non ci fosse stato il fuoco di fila dei colonnelli, non si sarebbe arrivati al salutare passo indietro di Lotti. Diciamo salutare, perché il segretario ha le sue responsabilità, ma è soprattutto Lotti ad aver sbagliato. Possibile, anzi certo, che non abbia commesso reati; che alcune frasi intercettate e trascritte offrano una verità parziale; che un deputato sia libero di cenare con chi gli pare; è pure vero che Mozart (ma anche Tinto Brass) ci insegna che ‘così fan tutti’. O quasi.

Ma questo non significa che i contatti sulla sorte della procura romana, che lo indaga, non siano stati oggettivamente e politicamente inopportuni, e una volta conosciuti imbarazzanti. Per lui e per il partito. Roba da doveroso passo indietro, magari senza i veleni con cui l’ex ministro lo ha voluto condire. Con il risultato di sommare alle macerie della magistratura nuove crepe nel maggior partito della sinistra. In cui gli opposti non si attraggono, anzi, si odiano. Senza ritegno.