Giovedì 18 Aprile 2024

La tenuta dell'esecutivo. Ma a gennaio l'inevitabile resa dei conti

Sarà gennaio il mese della prova della verità per il governo Conte. Le fibrillazioni, le contese, le trame di queste settimane hanno messo a nudo le fragilità strutturali dell’esecutivo giallo-rosso. Ma, anche nella versione più dura o incisiva, non avrebbero potuto comunque condurre alla crisi. La strana alleanza d’agosto è nata sì per evitare le elezioni anticipate e la possibile vittoria di Matteo Salvini. Ma l’obiettivo istituzionale, quello che può tenere insieme anche i partner più riottosi, quello, per capirci, che è stato fin dall’inizio a cuore al Quirinale, è stato sempre l’approvazione della manovra per il 2020. Il traguardo, a questo punto, è prossimo. E nello stesso filone delle emergenze indifferibili rientra anche il via libera al decreto legge per il salvataggio della Banca popolare di Bari: tant’è che anche in questo caso le polemiche di renziani e grillini non hanno fermato l’operazione.

A gennaio, però, il "che fare" di leniniana memoria non potrà essere dissimulato sotto la coltre di esigenze vere o pretestuose. E il "che fare" riguarderà i nodi irrisolti del governo: dalla giustizia alla politica industriale, dalla legge elettorale alle tasse, per arrivare a capitoli per ora rimasti sottotraccia come le pensioni, il lavoro o la stessa politica estera. Fino alla definizione dell’orizzonte strategico dell’alleanza. 

E così la verifica chiesta dal Pd, e che comincerà nel vertice di stasera, non è altro che il preannuncio di una resa dei conti con quelle forze della maggioranza, i renziani e i dimaiani, che fino a oggi hanno tirato la corda, pur non facendola spezzare. Ma le intenzioni di Nicola Zingaretti e soci (compreso Giuseppe Conte) di fare in fretta dovranno fare i conti con un risultato obbligato: quello dell’Emilia Romagna.