Chi vuole l'aumento Iva. Partito trasversale

Il Ministro dell’Economia ha spiegato con nettezza quello che tutti sanno e fanno finta di non sapere. Non ci sono margini per evitare l’aumento dell’Iva. E, anzi, sarà già un miracolo se l’operazione non scatterà fin da luglio prossimo e sarà limitata a un punto percentuale o, secondo altra prospettiva, se sarà selettiva per determinate categorie di beni e servizi. Negare, smentire o scandalizzarsi, come fanno nell’ordine Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti, Matteo Salvini o più d’uno da Forza Italia, è semplicemente da sepolcri imbiancati.

Recuperare 23 miliardi per il 2020, 29 per il 2021, con l’obiettivo di disinnescare le clausole dell’Iva, e, insieme, reperire le risorse per avviare la flat tax è semplicemente un’impresa impossibile, a meno di non procedere in quella che si chiama "macelleria sociale" a base di tagli indiscriminati a pensioni, sanità e pubblico impiego. Giovanni Tria lo ha indicato senza tanti fronzoli, quando ha detto che la decisione "è politica". E non saranno certo le polemiche o gli auspici a trasformare le parole in euro. Ma fin qui siamo, come dire, all’evidenza necessitata dei fatti. Dietro, però, compare e scompare, come un fiume carsico, quello che potremmo chiamare il partito dell’Iva. È un partito antico, che ha avuto, fin dal Libro bianco sulla riforma fiscale del 1994, il suo capofila in Giulio Tremonti. Il suo slogan "spostare la tassazione dalle persone alle cose" sottintendeva esattamente un aumento del prelievo sui consumi a fronte di una riduzione dell’Irpef.

È da quella impostazione (comune ai riformisti di cultura lib-lab) che derivano le stesse tesi di Tria che, da professore, ha più volte sostenuto la scelta a favore di un ritocco dell’imposizione indiretta per finanziare la sforbiciata alle tasse sui redditi.

Ma, a ben vedere, del partito dell’Iva fanno parte anche i vertici di Confindustria (nella consapevolezza sia di evitare altre "coperture" sia di scaricare a valle i rialzi), come anche, meno apertamente, le autorità di Bruxelles e di Francoforte. E dietro le quinte si muovono anche i più realisti della Lega, come Giancarlo Giorgetti, convinti che flat tax e no-Iva, insieme, non stanno in piedi.