Questo Pd è da rifare

Il governo giallo-verde continua a navigare con il vento in poppa di un largo consenso popolare, ma si cominciano anche a sentire i primi effetti delle sue contraddizioni: tra le aspettative che ha creato su tasse, redistribuzione, lavoro, «onestà/onestà» e ciò che potrà mantenere; tra il fervore per la politica dal basso creato da Grillo nella prima ora e gli accordi blindati Di Maio-Salvini; tra l’entusiasmo per i «cittadini comuni» al vertice dello Stato e le gaffe mortificanti dei Toninelli e delle Lezzi; tra il patriottismo della voce grossa contro l’Europa e i costi che si dovranno pagare se si va avanti così. Sarebbe il momento, per un partito di opposizione, di proporre una agenda, una visione e una leadership alternative. A otto mesi dalla sconfitta, i dirigenti Pd, invece, ancora si osservano tra di loro in cagnesco. Il massimo di vitalità al dibattito, durante l’Assemblea in cui finalmente Martina ha messo fine alla sua reggenza, l’avrebbe dato, stando alla classifica di YouTube, l’intervento dalla delegata di Piacenza, già assessore in Comune nel 2007 e ora consigliera regionale, che propone come chiave di volta per rilanciare il partito niente meno che il cambiamento dello Statuto. Uno dei mantra indecifrabili che ricompaiono (dal 2008) tutte le volte che i dirigenti Pd preferiscono scaricare le colpe della loro inadeguatezza su qualcos’altro. Per il resto, politici di lungo corso che dicono ad altri politici di lungo corso: fatevi da parte e risorgeremo.

Affiliati da sempre a correnti che dicono ad altri affiliati a correnti: basta con le divisioni. Di vie di uscita, comunque, non ce ne sono altre: una competizione vera tra candidati alternativi. Minniti e Zingaretti hanno ciascuno punti di forza e di debolezza. Se veramente si vogliono cimentare nell’immane impresa di rianimare il Pd, dovranno guardarsi tanto dagli avversari quanto da sostenitori ingombranti. Prima di tutto, dovrebbero stabilire tra loro che chi prende un voto di più alle primarie sarà segretario. E che l’altro non si metterà il giorno dopo a capo dell’opposizione interna per chiedere posti o remare contro.