Mercoledì 24 Aprile 2024

Quei vuoti di memoria

Asia Argento (Ansa)

Asia Argento (Ansa)

E se la violenza sessuale fosse una cosa troppo seria per essere lasciata a una Asia Argento? Forse dirlo oggi è troppo facile. È vero. Ma in tanti lo avevano pensato già da molto prima che si venisse a sapere del suo abuso su un giovane attore e del rimborso che ha dovuto versare. Non per maschilismo o sessismo. Troppo facile. Ma perché questa storia delle denunce a scoppio ritardato ha avuto un retrogusto strano di risveglio legittimo ma strumentale. Non a caso nella vicenda in cui da vittima è diventata colpevole, ha avuto un piccolo vuoto di memoria e ha dimenticato di raccontarcela. Pazienza. E non vale nemmeno la pena di innescare la solita manfrina social con il macho Salvini contro le donne indignate. Lasciamo perdere.    Meglio soffermarsi sul problema generale, troppo delicato e diffuso per essere ristretto, com’è stato, alle carnevalate delle dive di Hollywood. Intendiamoci. Il signor Weinstein, il produttore pluridecorato sul fronte delle molestie, era un poco di buono e si merita la giusta punizione, anche se le sue malefatte sono in gran parte roba da archivio. Così come chi ha subito una violenza è giusto che la denunci, tanto più se la sua notorietà può innescare un movimento di opinione positivo. Sempre che non si trasformi, come è successo, in una caccia alla notorietà e al denaro più che al colpevole. Lo si è visto con il regista Brizzi, già ripulito da ogni macchia. Probabilmente lo si vedrà con il maestro Gatti, rimosso dalla direzione della sua orchestra al primo stormire di denuncia. Con il rischio che si passi da un estremo all’altro: dal credere a tutte, al non credere più a nessuna. Finendo per togliere forza e coraggio alle tante donne non patinate che la violenza la subiscono sul posto di lavoro, e non hanno una telecamera disponibile per denunciarla. Quindi, nessuna soddisfazione perché anche Asia è stata colta con le mani nel sacco. Ma una accresciuta consapevolezza che la violenza non è roba da red carpet. Senza scheletri nell’armadio, e con in mano solide prove. E non solo quattro mosche di velluto grigio.