Appello alle tv. Stasera il virus nei titoli di coda

Quello di cui avremmo bisogno è un gesto di rottura, che risulterebbe ancora più efficace se provenisse dal mondo della tv. Pensate se una sera di queste Lilli Gruber, Barbara Palombelli, o un qualsiasi giornalista iniziasse il programma che conduce così: "Oggi non parleremo di Covid". A volte le rivoluzioni si innescano a partire da piccoli azioni. E una rivoluzione, in questo caso, è necessaria per far fronte a questa epidemia informativa sul coronavirus. Se le redazioni fossero in crisi di spunti alternativi, eccone alcuni: l’emergenza droga tra i giovani, le elezioni americane, il fanatismo islamico che riesplode in Francia, e potrei continuare.

Invece, me la figuro la riunione con gli autori a discutere su quale virologo di turno invitare, se della linea catastrofista o prudente, e quale ministro coinvolgere, se l’intransigente o il morbido sui provvedimenti da attuare.

Siamo nell’infodemia, che come ha fatto notare due giorni fa Massimo Fini sulle colonne di questo giornale, fa danni forse meno visibili del virus, ma sempre più evidenti. Negli ultimi mesi si segnala un incremento sensibile di utilizzo di psicofarmaci.

Conosco l’obiezione dei colleghi: parliamo di ciò di cui gli spettatori vogliono sentirsi raccontare. Concordo in parte: amo frequentare i bar di quartiere per tastare gli umori della gente e assicuro che molti spettatori e lettori sono esasperati da questo stillicidio sul covid. Come diceva il mio maestro Giancarlo Santalmassi, non ci sono argomenti tabù, ma modi sbagliati di affrontarli. Abbiamo visto in questi mesi droni che volano sulle teste delle persone, inseguimenti ai runner solitari, inviati appostati fuori dai pronto soccorso per testimoniare l’arrivo delle ambulanze a sirene spiegate, in un crescendo rossiniano di cifre, volti sofferenti, presagi di sciagure che si abbatteranno sul Natale, quando è appena finita l’estate.

Intendiamoci, questo virus è una brutta bestia. Ma c’è modo e modo di affrontare una difficoltà: si può mostrare Federica Pellegrini in lacrime oppure, tra qualche giorno, quando sarà guarita, far vedere il suo sorriso bello e solare.

Ormai regna la paura. A questo siamo arrivati snocciolando ogni giorno titoli di prima pagina sempre più ansiogeni, con parole come resistenza, battaglia, incubo. Ci hanno raccontato che siamo in guerra perché, rubo sempre le parole a Fini, ormai abbiamo rimosso il concetto di morte dalla nostra vita. Ma sono fiducioso. Stasera accenderò la tv, mi sintonizzerò su uno degli innumerevoli talk show, e attenderò il miracolo. Ne basterebbe uno per invertire la rotta.