Le star del male

E poi  ci si meraviglia se qualcuno (grave: un’insegnante) augura la morte a esponenti delle forze dell’ordine. Perché il problema sta tutto lì. Non contenti di avere ‘cattivi maestri’, questi ragazzotti e queste ragazzotte che per più di un decennio resero l’Italia un campo di battaglia con morti (tanti) e feriti (moltissimi) continuano ad avere ribalte compiacenti. Guardate il caso di Barbara Balzerani, membro del commando che massacrò la scorta di Aldo Moro in via Fani e che, non molto tempo fa, ha avuto la simpatica idea di scrivere frasi allucinanti sui social: «Chi mi ospita all’estero per i fasti del 40ennale di via Fani?». Roba da brividi. Roba che fa venire rabbia. Perché il quadro generale è inquietante, come ha sottolineato il capo della polizia Franco Gabrielli, non certo aduso a scatenare polemiche o ad assumere pose da duro. Guardate quanto è successo ieri.

La signora Balzerani è stata invitata a un dibattito proprio nel giorno della strage di via Fani. Proprio nell’anniversario di quel 1978 che cambiò, sia detto senza retorica, la storia del Paese. Ma vi pare possibile che si debba sopportare che questi personaggi (non parliamo solo della Balzerani) diano lezioni e vengano presentati come ‘dirigenti delle Brigate Rosse’? No, non è possibile. Perché devono tacere. Stare zitti e muti. Una richiesta che non nasce dal caso, ma che ha radici profonde nella storia dell’Italia repubblicana. Troppe volte la cronaca ci ha fatto ingoiare situazioni insostenibili. Adesso è il momento di dire basta. E bene ha fatto il capo della polizia a perdere la pazienza. Non solo per una questione di rispetto della memoria delle vittime, quanto soprattutto perché l’esercizio della democrazia è qualcosa di mai assodato, che, pur in una nazione forte come la nostra, possiamo tollerare. Lorsignori – e usiamo un’espressione ‘di sinistra’ – devono capire che non c’è possibilità di ‘trattativa’ o compiacimento fra le ragioni

di chi ha cercato di cambiare con la bussola delle riforme, della tolleranza, dello scontro politico franco e aperto e chi, invece, ha imbracciato il fucile.

In tal senso  restiamo convinti che dare visibilità e spazio a tutti questi tristi figuri sia non solo sbagliato, ma anche colpevole. Il momento del silenzio è giunto. Il momento della riflessione non

può essere scambiato con un corteggiamento irritante a chi mai ha rispettato le ragioni degli altri. Con chi, al posto

delle armi della critica, ha sovrapposto la critica delle armi.