Londra, 9 giugno 2016 - Il tycoon Donald Trump, che ha vinto la nomination repubblicana per la corsa alla Casa Bianca, rischia di restare senza musica: anche il mitico gruppo rock britannico dei Queen sta tentando ogni via per impedirgli di usare il brano 'We are the champions' per la propria campagna elettorale. Lo ha rivelato il chitarrista Brian May, secondo il quale Trump sta usando il brano senza il loro permesso.
Insomma, ancora una volta Donald Trump crea la colonna sonora per le sue vittorie usando musica altrui senza il permesso: all'ultima tornata di primarie ha fatto il suo ingresso sulle note di 'We Are the Champions'. "Questa non è una dichiarazione ufficiale - precisa May sul suo sito - ma posso confermare che il permesso per l'uso della traccia non è né stato chiesto, né dato. Ora decideremo come procedere per far si che ciò non si verifichi più". Il chitarrista ha anche aggiunto che a prescindere da Trump, è contro la policy dei Queen dare il permesso per l'utilizzo della loro musica per scopi politici.
Non è la prima volta che le star del rock stoppano Trump: anche i Rolling Stones, Neil Young, i Rem e Adele hanno negato a Trump il permesso di usare la loro musica. Tra gli altri brani impiegati da Trump per le sue manifestazioni elettorali ci sono 'Tiny dance' di Elton John, le canzoni tratte dai musical 'Cats' e 'Il fantasma dell'opera'.
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SPRINGSTEEN CONTRO REAGAN, 1986
L'ex attore yankee corre per il secondo mandato. E quale candidato che punta alla Casa Bianca, non sognerebbe di avere come colonna sonora per la sua campagna elettorale “Born in the Usa”? Reagan elogia pubblicamente Bruce Springsteen. Ma il boss lo gela. “Forse il presidente si è confuso con il mio album Nebraska (il più cupo, ndr)”. O forse si è fermato solo al titolo perché la canzone inizia così: “born down in a dead men's town”. Traduzione “Nato in una città di morti”. Altro che orgoglio americano.

STING CONTRO GEORGE W. BUSH, 2000
Dopo gli otto anni di Bill Clinton, George W. Bush trova la colonna sonora giusta per lanciare la sua corsa alla Casa Bianca: “Brand new day” di Sting. “Un giorno nuovo di zecca”. Canzone evocativa. Perfetta per Bush. Ma Sting non gli permette di "cantare" la necessità dell'alternanza politica, con i suo versi. Niente canzone. Anche perché all'epoca Sting girava spesso al fianco di Al Gore, lo sfidante di Bush.

FOO FIGHTERS CONTRO JOHN MCCAIN, 2008
John McCain, dopo vari tentativi, riesce a strappare la nomination repubblicana. In onore del suo passato militare vorebbe (condizionale d'obbligo) puntare tutto su “My hero” dei Foo Fighters. Ma Dave Grohl, il leader del gruppo ed ex batterista dei Nirvana, gli dice che può scordarsi di utilizzare quella canzone.

“IL FINTO IMPERO” DI OBAMA, 2008
Obama per la sua prima campagna elettorale sceglie un brano dei The National, “Fake empire”, all'epoca una band indie piuttosto sconosciuta. La scelta porta fortuna a entrambi. Ma c'è chi all'inizio lo sconsiglia. Non si può fare una corsa alla Casa Bianca con una canzone che s'intitola “Finto impero”. Alla fine avrà ragione lui.

IL 'FINTO' "FINTO IMPERO” DI ROMNEY, 2012
Quattro anni dopo, un gruppo di studenti dell'Ohio che sostengono Mitt Romney, visto il successo di “Fake Empire” per Obama nella precedente corsa alla Casa Bianca, sceglie la canzone dei The National. Ma la band non la prende bene. E tutti i componenti intimano prima di non utilizzare quella canzone per Romney e poi annunciano che tutti loro voteranno Obama. Un endorsment al contrario. Con buona pace degli studenti dell'Ohio.

TUTTI CONTRO TRUMP, 2016
Prima è Neil Young a dire che Trump che può scordarsi di utilizzare una sua canzone, poi Michael Stipe dei Rem è ancora più duro: “It's the end of the world as we know it” non si tocca. Infine chiude la lista dei no Adele (nella foto), dopo i tentativi di usare “Skyfall”. Ma non è finita, per provare a rialzare la sua candidatura nelle primarie repubblicane, il governatore dell'Ohio John Kasich la spara forse un po' troppo grossa: “Se vincerò, farò riunire i Pink Floyd”. Povero illuso.