
New York, 21 luglio 2016 - Dopo i Rolling Stones, i Queen, la cantante inglese Adele, il rocker canadese Neil Young e gli ex membri dei Rem, anche gli eredi di Luciano Pavarotti hanno deciso di dare lo uno "stop musicale" a Donald Trump ormai lanciato nella lotta per la conquista della Casa Bianca.
"Apprendiamo oggi che la romanza 'Nessun dorma' interpretata da Luciano Pavarotti viene utilizzata come parte della colonna sonora della campagna elettorale di Donald Trump - scrivono Lorenza, Cristina, Giuliana e Nicoletta Mantovani Pavarotti - Tocca a noi familiari ricordare che i valori di fratellanza e solidarietà che Luciano Pavarotti ha espresso nel corso della sua carriera artistica sono incompatibili con la visione del mondo proposta dal candidato Donald Trump".
La lettera, in Italiano e in inglese, è un'evidente presa di distanza dal candidato repubblicano alle presidenziali Usa: "Così come altri artisti coinvolti hanno già fatto in prima persona, esprimiamo pertanto la nostra disapprovazione a tale utilizzo", concludono.
Tra gli altri brani impiegati da Trump per le sue manifestazioni elettorali ci sono 'Tiny dance' di Elton John, le canzoni tratte dai musical 'Cats' e 'Il fantasma dell'opera'.
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SPRINGSTEEN CONTRO REAGAN, 1986
L'ex attore yankee corre per il secondo mandato. E quale candidato che punta alla Casa Bianca, non sognerebbe di avere come colonna sonora per la sua campagna elettorale “Born in the Usa”? Reagan elogia pubblicamente Bruce Springsteen. Ma il boss lo gela. “Forse il presidente si è confuso con il mio album Nebraska (il più cupo, ndr)”. O forse si è fermato solo al titolo perché la canzone inizia così: “born down in a dead men's town”. Traduzione “Nato in una città di morti”. Altro che orgoglio americano.

STING CONTRO GEORGE W. BUSH, 2000
Dopo gli otto anni di Bill Clinton, George W. Bush trova la colonna sonora giusta per lanciare la sua corsa alla Casa Bianca: “Brand new day” di Sting. “Un giorno nuovo di zecca”. Canzone evocativa. Perfetta per Bush. Ma Sting non gli permette di "cantare" la necessità dell'alternanza politica, con i suo versi. Niente canzone. Anche perché all'epoca Sting girava spesso al fianco di Al Gore, lo sfidante di Bush.

FOO FIGHTERS CONTRO JOHN MCCAIN, 2008
John McCain, dopo vari tentativi, riesce a strappare la nomination repubblicana. In onore del suo passato militare vorebbe (condizionale d'obbligo) puntare tutto su “My hero” dei Foo Fighters. Ma Dave Grohl, il leader del gruppo ed ex batterista dei Nirvana, gli dice che può scordarsi di utilizzare quella canzone.

“IL FINTO IMPERO” DI OBAMA, 2008
Obama per la sua prima campagna elettorale sceglie un brano dei The National, “Fake empire”, all'epoca una band indie piuttosto sconosciuta. La scelta porta fortuna a entrambi. Ma c'è chi all'inizio lo sconsiglia. Non si può fare una corsa alla Casa Bianca con una canzone che s'intitola “Finto impero”. Alla fine avrà ragione lui.

IL 'FINTO' "FINTO IMPERO” DI ROMNEY, 2012
Quattro anni dopo, un gruppo di studenti dell'Ohio che sostengono Mitt Romney, visto il successo di “Fake Empire” per Obama nella precedente corsa alla Casa Bianca, sceglie la canzone dei The National. Ma la band non la prende bene. E tutti i componenti intimano prima di non utilizzare quella canzone per Romney e poi annunciano che tutti loro voteranno Obama. Un endorsment al contrario. Con buona pace degli studenti dell'Ohio.

TUTTI CONTRO TRUMP, 2016
Prima è Neil Young a dire che Trump che può scordarsi di utilizzare una sua canzone, poi Michael Stipe dei Rem è ancora più duro: “It's the end of the world as we know it” non si tocca. Infine chiude la lista dei no Adele (nella foto), dopo i tentativi di usare “Skyfall”. Ma non è finita, per provare a rialzare la sua candidatura nelle primarie repubblicane, il governatore dell'Ohio John Kasich la spara forse un po' troppo grossa: “Se vincerò, farò riunire i Pink Floyd”. Povero illuso.