Giovedì 18 Aprile 2024

Sean Penn sbarca a Cannes col suo 'The Last Face'

Le intenzioni del regista erano sicuramente buone, ma il racconto soffre e non è proprio originale

Sean Penn

Sean Penn

cannes, 20 maggio 2016 - Il festival per la prima volta quest’anno affronta la guerra. Siamo nella Liberia degli inizi del secolo, il momento cruciale in cui prese avvio la definitiva disintegrazione del continente nero. L’idea di Sean Penn, attore-regista di punta della Hollywood più impegnata, era sicuramente buona. In partenza The Last Face avrebbe potuto raccontare l’orrore, i conflitti, il caos e le barbare quotidiane uccisioni in terra d’Africa, in cui l’ieri è maledettamente simile all’oggi. Il cinema lo ha fatto spesso con i documentari, più raramente con la finzione (Beasts of No Nation di Cary Fukunaga, per esempio ) e se ne comprendono le ragioni. Il rischio infatti molto forte è dato dalla, più o meno volontaria, spettacolarizzazione della violenza.

Lo spettacolo ha le sue leggi ma anche il racconto della sofferenza ne ha. Non è solo una questione morale. Il plot è semplice e non proprio nuovo: un dottore spagnolo (Javier Bardem) e una dottoressa sudafricana (Charlize Theron), lui medico in missione umanitaria, lei direttrice di un'agenzia Onu, si incontrano, si scontrano, si amano, si lasciano, si ritrovano. Per uscire indenni da un intreccio simile ci sarebbero voluti i lampi di genio di un Ford degli anni Cinquanta o di un Pollack dei Settanta. Invece Sean Penn, vittima di un imprevedibile attacco di narcisismo, si lascia prendere la mano: sceglie la chiave enfatica, teatralizza la violenza degli uomini e la bellezza della natura (nemmeno volesse essere avvicinato a Malick), senza riuscire mai a dare al dramma i toni del vero.

Non bastano la vista di corpi mozzati o il crepitare dei mitra impazziti a superare l’effetto di patina luccicante che avvolge il film senza mai dissolversi e che rende inerte anche il contrasto tra chi si batte sul campo (alla Gino Strada) e chi si occupa della pianificazione degli interventi anteponendo la logica politica a quella umanitaria. D’altronde la storia d’amore e di passione, con i malintesi e i tradimenti del caso, appare calata in una realtà che non la prevede. Di The last face si salvano solo le buone intenzioni.