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Un parallelo tra Marquez e HamiltonLeo Turrini - 6 ottobre 2019
  1. Sto per scrivere una cosa immagino destinata a suscitare viva e vibrante indignazione tra alcuni frequentatori di questo ameno luogo.
    In Thailandia Marc Marquez ha matematicamente conquistato il suo sesto mondiale nella MotoGP.
    Credo sia l’ottavo titolo iridato, complessivamente.
    Il centauro spagnolo a tanti non riesce simpatico.
    Nemmeno a me, se interessa.
    Ma un conto è il gradimento per i tratti umani del personaggio.
    Altra cosa, separata, è il riconoscimento del talento.
    Marquez è un fuoriclasse assoluto.
    Suona persino banale ammetterlo, ma viviamo in un mondo in cui, non da oggi, la valutazione “caratteriale” tende ad imporsi sul giudizio “professionale”.
    Ricordo la mia giovinezza.
    Avevo la fortuna di seguire Alberto Tomba sulle piste innevate della Coppa del Mondo.
    Avevo colleghi e amici che non sopportavano le esuberanze extra sci del ragazzo bolognese.
    A tutti io dicevo: non discuto le opinioni, legittime, sul modo di vivere di AT.
    Ma questo non autorizza a negare la verità: è uno dei più grandi sciatori di tutti i tempi.
    Vale anche per Marquez.
    Vale anche per Lewis Hamilton, prossimamente campione del mondo di Formula Uno.
    Non mi dispiacerebbe se, al momento opportuno, ci risparmiassimo le tirate sui difetti del personaggio.
    Meglio: non sarebbe male se le tirate in questione fossero accompagnate dalla accettazione dei meriti del driver.