custom logo
Senna tra Hamilton e LeclercLeo Turrini - 10 novembre 2019

Ho seguito con affetto, sia pure da lontano!, le celebrazioni avviate in quel di San Paolo in memoria di Senna, a ridosso dell’imminente Gran Premio del Brasile.
Quando mi capita di pensare ad Ayrton (e mi capita spesso, invecchiando) intuisco il valore di un antichissimo sentimento.
Chi salva una vita, salva un mondo. Alla rovescia, ogni vita persa è un mondo perduto.
Ogni tanto mi chiedo, scioccamente e banalmente, come si troverebbe Senna nella Formula Uno moderna.
Forse se la farebbe piacere, perché poi alla fine della fiera, al netto di tutto il contorno, il nocciolo quello è.
La passione. L’emozione. La competizione. La sfida.
E però mi domando anche che cosa possa mai dire il nome di Ayrton alle generazioni nuove.
La memoria, in teoria!, dovrebbe essere facilitata dalle moderne tecnologie, i dati a portata di clic, i video sempre disponibili, eccetera.
Invece non è così e lo vediamo, purtroppo, per cose tremendamente più serie.
Cosa resta allora, cosa potremo salvare in questo trionfo di una sguaiata ignoranza che come un mare di sabbie mobili tutto vorrebbe inghiottire?
Perché, ad esempio, a un troll qualsiasi non passa per la mente che potrebbe riempire il suo tempo facendo volontariato, per dire?
Ah, in questo Ayrton sarebbe d’accordo con me. È il virus della mediocrità, cioè l’invidia degli incapaci, il vero pericolo.
Senna un mediocre non era. Era divorato dalle sue ossessioni, ma era un uomo buono.
Al volante, io ho talvolta rivisto qualcosa di Ayrton in Hamilton e in Leclerc (sì, in Leclerc), sebbene tutto sia tremendamente diverso.
È un’opinione, ma trovo strano che ancora ci siano dubbi sul talento di Lewis e sulle prospettive di Carletto, ferma restando la differenza. Uno ha vinto sei mondiali, l’altro due Gran Premi.
Ma poi.
Poi c’è come un frammento di luce che squarcia il buio della malinconia.
Dovevamo essere a Spa, alba anni Novanta. Ogni tanto la racconto, è un ricordo piccolo è bellissimo, come un bacio arrivato troppo tardi.
Senna doveva fare un annuncio importantissimo a sera inoltrata, al circuito.
Ma io stavo malissimo, aveva una febbre da cavallo, gli occhi che lacrimavano e non vedevo l’ora di tornare in albergo.
Ma non c’era il web, manco i cellulari e dovevo stare lì sul posto, ad aspettare la notizia dal vero.
E però Ayrton notò come ero conciato, scrutò le centinaia di giornalisti in attesa, quindi di colpo disse: rimando il mio annuncio a domattina perché c’è qualcuno qui che ha bisogno di un letto e di una camomilla.
Quando hai ricordi così, puoi sopportare anche la molta miseria del presente, non credete?