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Se ci si mette pure Leclerc…Leo Turrini - 12 luglio 2020

Annus horribilis.
Ci si mette pure Leclerc e buona notte.
Così, no.
#nonesserepiulaFerrari.
Già, conviene malinconicamente modificarlo, quell’hashtag “essereFerrari”. Nel senso che sembra di essere in quella barzelletta: quando credi di avere toccato il fondo, ti metti invece a scavare…
Mi dispiace essere così severo, così duro. Mi dispiace perché conosco la gente di Maranello, so con quanta dedizione partecipano al tentativo di restituire al popolo Rosso una macchina vincente.
Ma così, no. Non bastava la mortificazione del sabato, la consapevolezza di disporre di una macchina per niente competitiva.
Ci si è messo, dicevo, pure il Predestinato. Il pilota giovane cui la Ferrari ha scelto di affidare prestigio e futuro. Lui, Carletto.
Io considero Leclerc un progetto di fuoriclasse già materializzatosi in più di una occasione.
Ma proprio per questo, che ragione aveva il Piccolo Principe di agire con tanta precipitazione al via? Cosa gli passava per la testa, scattando dalla settima fila?!?
Apprezzo le scuse a Vettel, mi sono sembrate sincere e non imposte dall’alto. Ma sempre lì torniamo, alla insostenibile leggerezza di una relazione tra piloti che non è sbocciata, non ha mai raggiunto un livello decoroso di maturità.
Sarò rincoglionito, ma certe cose non accadono per caso.
Eppure, il disastro confezionato dal Principe è il meno! Il disagio vero è generato da una macchina impresentabile. E non aiuta sentire dire da Mattia Binotto, che somiglia sempre di più all’evangelico Cireneo!, che sono da individuare le cause del problema.
Questa crisi non è un mistero avvolto nell’enigma. Almeno sulle origini del flop mi aspetterei risposte precise. Tenendo anche presente che lo staff tecnico più o meno (ma non è stata una grande idea, un anno fa, restituire l’ingegner Iotti alla produzione, per dirne una) è lo stesso che varò le monoposto del 2017 e del 2018, non dominanti ma competitive (sul 2019, con il giallo del motore contestato, mi taccio).
È buio a Maranello. Qualcuno, dal presidente Elkann in giù, provi almeno a girare l’interruttore.