custom logo
Schumi50, fra Ayrton e VettelLeo Turrini - 30 dicembre 2018

Prima di andare avanti con i miei ricordi sparsi sui cinquant’anni di Schumi, due cose.

Una, di cuore. Un saluto al cloggaro Tex. Rileggerlo mi ha reso felice.

La seconda è una segnalazione legata alle righe che stanno sotto. Visto che evoco Senna, mi fa piacere informare che Angelo Orsi, grande fotografo amico caro di Ayrton (fu lui a presentarmelo e non l’ho mai ringraziato abbastanza) ha inaugurato a Castel San Pietro una bellissima rassegna dedicata all’eroe paulista. Se vi capita, andate a vederla. Ne vale la pena.

E ora procediamo con il racconto.

SCHUMI 50, part two.

Poi arrivò un astuto geometra di Cuneo. Qui si innesta un altro passaggio chiave. Chi viene sloggiato da Briatore per far posto al tedesco? Un brasiliano scarsocrinito, tale Roberto Pupo Moreno. Segni particolari: grande amico di Ayrton Senna.
Ayrton, già. Il Mito. Persona eccezionale, non solo pilota strepitoso. Senna la cacciata di Moreno la prende malissimo. Convoca i giornalisti e proclama che quanto appena accaduto è una vergogna, non si calpestano i sentimenti così, non si stracciano così i contratti, eccetera eccetera.
Mi sono sempre chiesto quanto segue: ma la reazione di Ayrton era dovuta “solo” al torto inflitto all’amico Moreno? Oppure, come sospettai da subito, nel Campionissimo paulista era scattata la luce rossa dell’allarme?
Tra loro, i fuoriclasse si fiutano, si riconoscono al volo. Una volta Gino Bartali mi disse: un pomeriggio incrociai per caso, in allenamento, un ragazzo, un dilettante. Mi salutò e mi disse: signor Bartali, sono un suo fan, possiamo pedalare insieme per un po’? Accettai e il ragazzo non perse mai la ruota. Come ti chiami?, gli domandai al momento del congedo.
Eh, si chiamava Fausto Coppi…
Ci tornerò, sulla tormentata relazione tra Schumacher e Senna, eroi di un duello da sogno che fu effimero e però rimane indelebile. Ora però desidero fare un salto avanti nel tempo, dal 1991 sulle Ardenne al 2012 in Brasile. Interlagos, il quarto titolo di Vettel con la Red Bull, la tristezza di Alonso rosicante di Rosso vestito e soprattutto l’ultimo atto del Kaiser. Dopo tre stagioni infelici in Mercedes per Schumi era arrivato l’attimo del distacco definitivo.
1991-2012. Ventuno anni, con un buco di tre. Ventuno anni sono una vita e adesso che Schumi taglia il traguardo del mezzo secolo, con un lustro consumato nel limbo di un silenzio che purtroppo moltiplica le jene del web a caccia di click, ecco, adesso possiamo ben segnalare che il sette volte iridato ha speso più di metà della sua esistenza tra tubi di scarico e vapori di benzina, tra pile di gomme e cronisti petulanti, tra cordoli sbrecciati e guard rail da sfiorare.
Ah, che grande privilegio è stato narrare per intero una carriera infinita. Perché c’ero anche ad Interlagos 2012 e fu per caso che ero a pochi passi quando Michael arrivò, già finalmente pensionato, a dare una carezza a Seb, che aveva seguito con affetto sin da quando era un fan bambino. Pensai io e immagino pensò anche lui, in quell’istante: ecco l’erede designato, ecco l’uomo che riscriverà i record stabilito dal Grande Vecchio che lascia. Sbagliavamo: non avevamo previsto Hamilton, la Mercedes, l’effetto power unit e bla bla bla.

(continua)